Trivento: una presenza che educa alla carità concreta

Il vescovo monsignor Claudio Palumbo presenta la sua Diocesi, tra sfide sociali e occasioni di evangelizzazione, in un territorio a cavallo di tre province chiamato a riscoprire le sue origini

Claudio Palumbo Bcc Abruzzi E Molise
10 dicembre 2019
La Mia Banca | 

Dopo Termoli, eccoci a Trivento: le nostre interviste ai vescovi dei territori dove è presente Bcc Sangro Teatina proseguono con monsignor Claudio Palumbo, vescovo di una diocesi interna, a cavallo tra Molise e Abruzzo.

 

Eccellenza, ci presenti la diocesi di Trivento.

La popolazione dell’intera diocesi si attesta sui 50 mila abitanti, avendo subito dal dopoguerra ad oggi un dimezzamento della sua consistenza. Le parrocchie sono cinquantotto. Le origini della diocesi di Trivento risalgono alla fine del terzo secolo: San Casto ne è stato il primo evangelizzatore e vescovo. Il terzo vescovo Ferdinando, nipote di Sant’Ambrogio, ha portato le reliquie dei Santi Nazzario e Celso che, insieme a San Vittore papa, sono i Santi Patroni della diocesi, festeggiati solennemente il 28 di luglio e ad essi è dedicata la nostra bella cattedrale, che possiede al suo interno una cripta meravigliosa, un vero gioiello di architettura paleo-cristiana.

La diocesi, per secoli direttamente soggetta a Roma, ora fa parte della Metropolia di Campobasso-Bojano ed abbraccia comuni di tre province: Campobasso, Isernia e Chieti. Per la particolare conformazione del territorio, zone montane ed interne, l’azione pastorale è concentrata in centri abitativi di piccole dimensioni che hanno un’economia agricolo-artigianale. Non viene trascurata alcuna occasione per la presentazione della vita dei santi, quali modelli di vita cristiana. Proprio il 31 ottobre scorso è stata conclusa l’inchiesta diocesana sul servo di Dio don Vittorio Cordisco e, anche se la nostra diocesi non ha suoi figli di recente innalzati agli onori degli altari, ve ne sono alcuni risalenti a molti secoli passati: San Randizio di Pietrabbondante, Sant’Amico di San Pietro Avellana, santo Stefano del Lupo, il beato Antonio Lucci vescovo di Bovino, padre Matteo di Agnone che attende di essere beatificato. Ma moltissime sono le luminose figure di sacerdoti, di religiose e di laici che hanno lasciato tracce memorabili di virtù evangeliche. La loro testimonianza è stata raccolta, divulgata e tramandata ai posteri.

 

Quali le attività sociali più significative?

I tre agglomerati urbani maggiori, che si attestano intorno ai 5 mila abitanti ciascuno, sono Trivento, Agnone e Frosolone: Agnone è il centro più attivo e vivace, con la millenaria fonderia di campane, gli artigiani del rame e varie e le rinomate aziende di produzione casearia e di dolciumi. A Frosolone c’è un’antica tradizione di artigianato di forbici e coltelli mentre Trivento è un centro importante per l’agricoltura e qualche recente insediamento produttivo nella zona artigianale di Piana d’Ischia.

Come vescovo di Trivento, da appena due anni e qualche mese, ho personalmente incontrato tutti gli organismi, le associazioni, gli operatori pastorali in riunioni distinte, ho visitato le singole scuole, dall’infanzia alle superiori, numerosi luoghi di lavoro, le amministrazioni comunali, le caserme dei carabinieri e dei forestali, l’ospedale di Agnone e le comunità religiose. Il mio rapporto con i presbiteri è improntato a piena collaborazione, rispetto e confidenza.

Diverse sono le attività presenti in diocesi. I vescovi che si sono succeduti sulla sede di San Casto hanno cercato di rendere la comunità cristiana sempre più attiva e partecipe, oltre che alla vita religiosa, anche a quella sociale. Devo dire che soprattutto i responsabili della pastorale del lavoro, del Progetto Policoro e della Caritas diocesana si stanno adoperando egregiamente per educare ad una sensibilità altruisticamente sociale promuovendo la testimonianza della carità in forme consone ai tempi e ai bisogni, in vista dello sviluppo integrale dell’uomo, della giustizia sociale e della pace, con particolare attenzione agli ultimi e con prevalente funzione pedagogica. Per esempio la Caritas ha diversi e pregevoli obiettivi come raccogliere alimenti da donare ai più bisognosi, sollecitare la comunità ad affrontare le situazioni di necessità ed emarginazione territorio, sostenere opere di assistenza a favore dei poveri, degli infermi, degli anziani. In proposito, molte parrocchie si avvalgono del servizio di volontari formati alla "scuola diocesana" che si occupano principalmente di monitorare gli effettivi stati di bisogno del territorio parrocchiale in cui vivono e di porvi rimedio per quanto loro possibile.

Tutta la vita parrocchiale è orientata alla formazione dei laici: se ne incoraggia una spiritualità sana ed autentica, una partecipazione attiva alla vita della Chiesa in tutti i suoi aspetti, un protagonismo politico e sociale, uno slancio missionario nella vita ordinaria. Va detto che la comunità da questo punto di vista si mostra in continua crescita: si notano chiarezza di idee e una buona maturità, almeno nelle componenti delle parrocchie più sensibili e formate. Tutto questo permette un livello di collaborazione abbastanza alto negli organismi parrocchiali e una buona coscienza ministeriale.

Le indicazioni illuminanti del Santo Padre e la sua paterna, apostolica benedizione ci sostengano nel prosieguo del cammino e nell’impegno perché Cristo regni nel cuore di ogni uomo e donna di buona volontà.

 

Quali le attività pastorali più rilevanti nella sua diocesi?

La Scuola di teologia, la pastorale giovanile, quella vocazionale e quella sanitaria, insieme alla Scuola di formazione “Paolo Borsellino” organizzano incontri e calendarizzano le lezioni di formazione per laici per aiutarli a formarsi teologicamente sulla missione, a conoscere cosa significa essere evangelizzati per evangelizzare, a riscoprire la propria chiamata battesimale, ad entrare in una nuova mentalità di vita di Chiesa. Questi incontri hanno lo scopo di aiutare a riconoscere il Risorto presente nella propria vita, a crescere nella fede e a mettersi a disposizione della comunità cristiana dando la propria testimonianza di apostolato nella Chiesa e di servizio agli uomini di buona volontà.

Si tratta di una proposta "forte" per i laici che vogliono riscoprire e valorizzare la propria fede ed imparare a testimoniarla in ogni ambiente di vita.

 

Da un punto di vista prettamente religioso, la gente della sua diocesi è gente di fede?

Sono particolarmente grato al Signore perché noto nella mia diocesi una rete capillare di comunità parrocchiali, che fanno della loro testimonianza della fede un fiore all’occhiello. Proprio questa fede viva li ha sostenuti, nutriti e vivificati durante le passate generazioni. Una fede che ha attraversato momenti di sofferenza, confronto e tribolazione, ma pure di costanza e vitalità e che si dimostra ancora oggi ricca di frutti in tante testimonianze di vita e opere di carità specialmente da parte degli anziani. Anche se mi è doloroso constatare la crescente erosione e il decadimento della fede presso le giovani generazioni con tutto ciò che questo comporta a livello non solo spirituale, ma anche sociale e culturale significato proprio da un calo forte della partecipazione alla messa domenicale, nonché della vita sacramentale. Deterioramento, certo sfaccettato e di non facile e rapida soluzione, che chiede un approccio serio e consapevole che ci spinge a trovare strategie pastorali nuove per arginare e debellare tale fenomeno.

 

Dal suo punto di vista, che territorio è quello di Trivento per quanto riguarda l’economia, la società e la politica?

Essendo il territorio diocesano situato nelle periferie delle tre province di Campobasso, Isernia e Chieti vi sono presenti le varie carenze strutturali che affliggono proprio queste zone interne e marginali, tanto che alcuni esperti, partendo dall’elevato numero di disoccupati superiore del 10 per cento alla media nazionale, parlano di lenta e inarrestabile agonia molisana. Abbiamo estremo bisogno di una classe dirigente che metta freno al degrado socio-economico e programmi seriamente progetti innovativi.

 

Quali le emergenze più importanti? E quali i punti di forza di questo territorio?

Certamente la nostra è una società incagliata in una situazione insostenibile di assistenzialismo, di bassa produttività, di asfissia imprenditoriale e, in prospettiva, di generalizzato declino. Infatti, la prima emergenza è la mancanza di lavoro. Il nostro è un microcosmo di abitanti, distribuiti su agglomerati urbani formato mignon che costellano un territorio impervio e povero, i cui dati economici e sociali dipingono un quadro deprimente: una economia stagnante con una bassa partecipazione alla forza lavoro (in cui le donne hanno un ruolo secondario) e tenuta a galla dalla spesa pubblica. La natura clientelare di questa massa di denaro pubblico è evidenziata dalla concentrazione della spesa nel settore sanitario (di cui è nota la mala gestione e dalla scarsità di investimenti). Il grosso dell’occupazione è nei servizi, come sarebbe normale in un’economia avanzata, ma qui è abnorme la quota di impiego pubblico. Le poche imprese private hanno redditività prossima allo zero negli anni fortunati, ma di solito distruggono valore, in parte anche perché il settore bancario pratica tassi sproporzionatamente alti rispetto al costo della provvista. L’unico dato relativamente positivo riguarda la solidità patrimoniale delle famiglie (legata a pregevoli virtù di frugalità, di fedeltà e di solidità) di cui tuttavia le crepe sono evidenziate dall’aumento dei prestiti alle famiglie e dal raddoppio delle sofferenze in questo ambito.

 

Che messaggio vorrebbe mandare ad amministratori e responsabili delle istituzioni?

Premesso che tra Chiesa diocesana e istituzioni civili c’è molta collaborazione e comunicazione specialmente quando si verificano problemi di una certa gravità o emergenze sociali, suggerisco che gli ospedali, il trasporto, la casa, l'acqua, l'energia elettrica, il gas, le telecomunicazioni devono tornare sotto il controllo diretto dello Stato, cioè del popolo. Queste emergenze rappresentano le necessità fondamentali della persona umana. Non possono essere considerate merce. Non possono diventare possesso delle società per azioni, dove domina il profitto. L'uomo deve essere al centro di queste necessità. Bisogna fermare il consumismo se vogliamo salvare la nostra società. I giovani devono riscoprire le mani come strumento di creatività. Bisogna ritornare anche ai valori della civiltà contadina. La terra è la nostra salvezza umana, come Gesù è la nostra salvezza divina.

 

Cosa può e deve fare una banca che, tra l’altro, ha come fondatore un sacerdote come don Epimenio Giannico e, pertanto, si ispira proprio ai principi della dottrina sociale cristiana?

Deve essere senz’altro una banca completamente diversa dalle altre. Nello specifico, si deve proporre come strumento di partecipazione responsabile del cittadino facendo uso di strumenti finanziari alternativi e solidali, facendosi interprete delle richieste dei cittadini responsabili e del loro bisogno di giustizia sociale. Una banca non solo ricca di belle dichiarazioni di principio, ma che agisce con un sistema complesso fatto di principi, processi, scelte operative e strategiche, che dia maggior credito, cioè fiducia, alle iniziative socio-economiche che sostengono il reale sviluppo della persona e delle famiglie, in modo da produrre un beneficio sociale, nel pieno rispetto della natura.

 

BOX

 

Il ruolo dei Papi e del Concilio “spiegati” da Giovanni da Capestrano

Monsignor Palumbo ha appena dato alle stampe “Giovanni da Capestrano. Sull’autorità del Papa e del Concilio”, per i tipi della Libreria Editrice Vaticana. Ce lo presenta così: “Il volume racconta la vita di San Giovanni da Capestrano. Di origini abruzzesi, egli studiò a Perugia dove si laureò in utroque iure. Divenuto uno stimato giurista, fu nominato governatore della città. Fu imprigionato quando la città fu occupata dai Malatesta. In carcere ebbe luogo la sua conversione. Una volta libero, fece annullare il suo matrimonio e prese i voti nel convento francescano di Assisi. Da sacerdote condusse la sua attività apostolica in tutta l’Europa settentrionale ed orientale, la sua predicazione era volta al rinnovamento dei costumi cristiani e a combattere l’eresia. Fu promotore della pace tra Lanciano e Ortona e autore di numerosi trattati proprio sull’autorità del Papa e del Concilio. San Giovanni visse in un periodo storico particolarmente turbolento della storia della Chiesa, allorquando, forse anche a causa di una degradazione morale del clero poco dediti ai propri doveri pastorali, una profonda crisi di credibilità scosse la sensibilità del papa e dei sacerdoti in ragione della controversia sui poteri del Papa stesso e del Concilio. Nella mia opera ho cercato di illustrare, con approfondita competenza filologica e fine ricerca storiografica, la plurisecolare vicenda della trasmissione dell’opera di San Giovanni da Capestrano effettuando la ricostruzione meticolosa della tradizione letteraria del trattato sull’autorità del Papa e del Concilio. Attraverso queste pagine è possibile riscoprire l'universo religioso, politico e culturale del tempo e respirare l'atmosfera creata dal Grande Scisma d'Occidente. In un tale contesto – conclude l’autore - l'importanza del trattato di San Giovanni da Capestrano si manifesta immediatamente e in tutta la sua ampiezza, ove conosciamo e apprezziamo le sue splendide riflessioni e in particolare l'impossibilità, per lui, che un Papa cada nell'eresia: si tratta di una bella e profonda miniera di considerazioni utili, più che mai, anche per noi del terzo millennio, perché illuminate dal lumen fidei”.