Rivista Abruzzese: settant'anni di cultura e prestigio
Importante traguardo per la prestigiosa pubblicazione che ha raccontato l'"umanità varia" della nostra regione con passione e impegno civile. Intervista all'instancabile animatore Emiliano Giancristofaro
Si apre quest’anno il settantesimo anno di pubblicazione della “Rivista Abruzzese”, fondata dal direttore della Biblioteca provinciale di Chieti Francesco Verlengia e continuata a Lanciano nel 1964 da Emiliano Giancristofaro, che ne era collaboratore. Già Verlengia ricollegava la “Rivista Abruzzese” all’omonimo periodico che alla fine dell’Ottocento e fino alla vigilia della I guerra mondiale veniva pubblicato a Teramo sotto la direzione di Giacinto Pannella (omonimo e parente del leader radicale), che fu una palestra di studi per molti letterati e scienziati abruzzesi e non abruzzesi, e che tanto contribuì alla diffusione della cultura e alla formazione di una coscienza regionale. Nel fondare la “Rivista Abruzzese”, Verlengia affermava che essa si ricollegava anche, un po’ alla lontana, al vecchio “Giornale Abruzzese” che nel 1836 vide la luce a Chieti sotto la guida di Pasquale De Virgili, con la collaborazione di Pasquale Borrelli, Nicola Nicolini, Pasquale Liberatore, raccogliendo gli echi di quella prodigiosa cultura napoletana che proprio allora preparava il pensiero di Francesco De Sanctis e di Bertrando Spaventa. Una rivista eclettica, secondo Verlengia, aperta a tutte le correnti e a tutte le manifestazioni dello spirito; rivista di varia umanità che voleva costituire il riflesso della vita culturale regionale in tutta la sua totalità. Attuale redattore responsabile della Rivista è il professor Emiliano Giancristofaro (il direttore responsabile è la figlia Lia, docente di antropologia culturale alla Università Di Chieti).
Professore, come ne è diventato proprietario e direttore.
"Già da studente universitario collaboravo con brevi articoli alla “Rivista Abruzzese” e nel 1962, quando era pubblicata ormai da tredici anni, poiché da alcuni mesi ritardava l’uscita, andai alla Biblioteca e chiesi il motivo del ritardo a Verlengia, il quale mi rispose che era anziano e non aveva più le forze per continuarla, anche perché era vicino al pensionamento dalla direzione della biblioteca. Mi chiese di occuparmene e mi consegnò gli articoli che giacevano in redazione. Per circa due anni feci stampare la Rivista a Lanciano, per spedirla poi da Chieti con Verlengia. Nel 1964, due anni prima della sua morte, Verlengia mi fece una dichiarazione scritta invitandomi a registrare la Rivista presso il tribunale di Lanciano, con la mia proprietà. E così, ininterrottamente da allora, la Rivista ha avuto come responsabile il sottoscritto, con sede la mia abitazione a Lanciano".
Qual è l’impostazione della “Rivista Abruzzese” e quali i collaboratori?
"La Rivista, rassegna culturale di varia umanità, si pubblicava in una stagione particolare della cultura italiana caratterizzata da idealità, da entusiasmi per la ricostruzione del Paese, ma anche se nei primi dieci, dodici anni di Verlengia ha avuto collaboratori eccezionali, come il geografo Roberto Almagià, l’antropologo Alberto Cirese, il filologo Guerrieri Crocetti e tanti altri, si allargava in seguito a tematiche di maggiore attualità, a seconda degli eventi che rifletteva. Elencare i collaboratori richiederebbe molto spazio, ma si tratta di studiosi e testimoni del nostro tempo di grande spessore culturale e soprattutto di grande onestà intellettuale che il volume di indice in preparazione elencherà con i loro scritti. Bisogna dire che una tappa fondamentale della Rivista, che già si avvaleva della collaborazione dello storico Corrado Marciani, nel 1966, con l’aiuto del professor Beniamino Rosati, medico di Benedetto Croce, per il centenario della nascita del filosofo di Pescasseroli organizzai un fascicolo monografico di “Omaggio a Benedetto Croce”, a cui collaborarono gli scrittori e i filosofi più importanti del tempo. Le figlie del filosofo, Elena e Alda, offrirono alla Rivista per la pubblicazione anche inediti del padre, tra cui il testo eccezionale di un suo incontro in Francia con alcuni esuli antifascisti, Nitti, don Sturzo, Turati, Salvemini, Rosselli, che fu oggetto di un fascicolo monografico. Fu l’occasione perché il germoglio consegnato da Verlengia continuasse ad essere coltivato con amore e coerenza, con collaboratori di grande rigore, affrontando argomenti culturali riguardanti non solo l’Abruzzo, di attualità, e oltre a tematiche storiche, quelle di tutela ambientale. Ad esempio, tappe fondamentali furono le battaglie condotte per la tutela del promontorio della medioevale abbazia di San Giovanni in Venere, l’opposizione all’insediamento di una raffineria di petrolio in Val di Sangro, la difesa del Parco Nazionale d’Abruzzo dai tentativi di speculazione edilizia, la difesa della costa, ecc., coinvolgendo personalità della cultura regionale e nazionale".
La Rivista, quindi, oltre ai temi tradizionali di storia, letteratura, arte, cultura popolare, ecc., tratta anche argomenti di attualità?
"Certamente. L’allargarsi a tematiche di attualità, a seconda degli eventi che accadevano nella regione e nel Paese, rispondeva alla esigenza di una concezione della cultura come impegno civile. Del resto, anche il nome dei collaboratori che man mano si sono avvicinati alla “Rivista Abruzzese”, come Raffaele Colapietra, Antonino Di Giorgio, Alfonso Di Nola, Umberto Russo, Aristide Vecchioni, tanto per citare solo alcuni che con maggiore frequenza hanno pubblicato i loro scritti sulla Rivista, sta a significare che essa perseguiva una linea di indipendenza economica con la rinuncia alla pubblicità commerciale e alle connivenze partitanti, che, in tempi di così vasta compromissione, potrebbe sembrare una posizione anacronistica, ma in realtà è il volere esaltare la libertà dei collaboratori contro quanti fanno della cultura soltanto un modo per perseguire obiettivi non sempre puliti. La Rivista Abruzzese, proprio in un mondo in cui emerge la tecnologia, ha privilegiato tematiche di recupero delle identità distrutte, la riscoperta dei valori locali e dei modelli culturali diversi dalla omologazione contemporanea, la riscoperta di quelle testimonianze di mondi perduti capaci di prospettare significati validi e il recupero dei valori di comunità, di umanità e di giustizia".
Come riesce la Rivista ad andare avanti e a superare le difficoltà commerciali che i periodici culturali oggi devono affrontare?
"La Rivista, anche nell’aspetto grafico, ha uno stile parsimonioso, con una impaginazione di stile anglosassone: non fa pubblicità commerciale, non è iscritta all’anagrafe delle contribuzioni statali e regionali previste per l’editoria, e vive esclusivamente di abbonamenti, che non sempre riescono a coprire le spese che le difficoltà di pubblicazione presentano. Spesso deve ricorrere all’intervento personale del proprietario-redattore il quale è fiero di questa autonomia e di dirigere un periodico lontano dal “Cottolengo” della stampa assistita e foraggiata, spesso conseguenza di una politica editoriale che impone la questua a personaggi partitanti".
La Rivista continuerà a vivere, dopo il suo settantesimo anno di vita?
"Certamente. Intanto abbiamo in corso di elaborazione, da parte dell’Archivio di Stato dell’Aquila, l’indice di quanto pubblicato dal 1997 al 2017 (l’indice dei primi 50 anni è stato pubblicato nel 1997), volume che verrà inviato in omaggio a tutti gli abbonati; poi celebreremo questo settantesimo anno di vita con una manifestazione a cui inviteremo tutti gli abbonati che con tenacia continuano ad apprezzare la “Rivista Abruzzese” e i tanti validi collaboratori che offrono i loro scritti, spesso di grande rigore scientifico, gratuitamente. Da ultimo, ad esempio, proprio per aprire la Rivista alle attuali problematiche economiche della regione e ai temi di attualità ecologica, la Rivista ha coinvolto con specifiche tematiche l’economista Giuseppe Mauro, professore emerito di economia alla Università D’Annunzio, e l’ambientalista Giovanni Damiani, i cui saggi scaturiscono dall’analisi dei problemi più attuali della nostra regione".