"Le Bcc? Hanno avuto un ruolo anticrisi"

Il professor Pino Mauro analizza l'economia abruzzese: il peggio sembra essere passato, ma i segnali di ripresa sono ancora timidi. "Ora è importante sostenere la crescita"

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10 aprile 2016
La Mia Banca | 

Il credito cooperativo in Abruzzo ha avuto in questi anni un ruolo importantissimo: attutire gli effetti della crisi economica. Una vera funzione antirecessiva, portata avanti con un radicamento sul territorio e con la capacità di continuare a sostenere l'economia mentre il sistema bancario locale stava cambiando radicalmente. Il professor Giuseppe Mauro, ordinario di Politica economica all’università "G. d'Annunzio" e autorevole analista delle vicende economiche della nostra regione, esamina con noi lo stato di salute del sistema produttivo abruzzese, aiutandoci a comprendere le dinamiche in corso e il ruolo del credito.

 

Professor Mauro, come se la passa l'economia abruzzese?

Gli ultimi dati Istat parlano di una regione che ha invertito la tendenza negativa degli ultimi sei, sette anni. L'aumento degli occupati, anche se di poco, insieme ad altri indicatori ci dice che la recessione è tecnicamente finita. Certo, ci si aspettava qualcosa in più, ma sulla performance limitata ha influito negativamente il calo che si è registrato nel corso dell'ultimo trimestre del 2015, a causa del raffreddamento dell'economia internazionale e delle turbolenze sui mercati finanziari. Ma in generale, il peggio sembra alle spalle. Lo dimostrano la crescita dell’occupazione dello 0,6 per cento rispetto al 2014 e l’oltre 7 per cento in più delle esportazioni.

 

Quali gli elementi di forza del nostro sistema produttivo?

Sicuramente la presenza strutturata di grandi gruppi, soprattutto nel Chietino: si tratta di multinazionali dotate di una forte competitività, importanti non solo per il numero di posti di lavoro che riescono ad assicurare ma anche perché diffondono innovazione e cultura manifatturiera sull'intero territorio. Sicuramente poi nostro fiore all'occhiello è il settore dell’automotive, con il 47,2 per cento del totale delle esportazioni abruzzesi. Accanto alla crescita del settore farmaceutico, negli ultimi anni abbiamo assistito ad una significativa novità: un settore endogeno come quello dell’agroalimentare è cresciuto fino a superare la fase di pre-crisi e oggi si posiziona al quarto posto tra i comparti che hanno rapporti commerciali con il resto del mondo. Infine, intorno a queste grandi imprese e a queste eccellenze, lavorano bene realtà importanti come i centri di ricerca, le tre università e il Laboratorio di fisica del Gran Sasso, vero punto di orgoglio della nostra regione.

 

E quelli di debolezza?

Permane un tessuto di piccole e piccolissime imprese che non riescono a fare massa critica per poter investire in innovazione e qualità. Si tratta di realtà rivolte esclusivamente al mercato interno, che dunque risentono fortemente della caduta della domanda interna. Ciò che una volta era un punto di forza, invece, si è trasformato in un settore che presenta grandi difficoltà: mi riferisco al tessile e all'abbigliamento. Basti pensare che prima della crisi rappresentava il 10 per cento dell’export totale, mentre oggi il dato si ferma a circa il 4 per cento. Questo settore ha risentito fortemente della globalizzazione e della concorrenza dei paesi emergenti. Una dato chiarisce meglio il fenomeno: nel 2008 il settore esportava un ammontare pari a 724 milioni circa, nel 2015 si attesta su 297 milioni circa.

 

Come agire sugli uni e sugli altri?

La cosa più importante da fare in questo contesto è far risalire il prodotto interno lordo: senza crescita non si possono attuare politiche economiche diffuse e realmente efficaci. Naturalmente, la crescita dipende da dinamiche europee e nazionali ma, se si saprà usare con intelligenza e senza campanilismi e opportunismi uno strumento come il Masterplan, si potrebbe imprimere al territorio un percorso di crescita piuttosto interessante. Non dimentichiamo che quando c'è crisi e l’economia appare stagnante, gli investimenti pubblici rappresentano un volano per l’intero territorio ed è forse questo l'unico modo per rilanciare il Pil e realizzare un circuito virtuoso di crescita.

 

Economia e credito: com'è la situazione in Abruzzo?

Assistiamo ad un cambiamento profondo. Fino a poco tempo fa avevamo un sistema di banche locali piuttosto articolato, con la presenza da una parte di banche di credito cooperativo e, dall’altra, di sei società per azioni, quasi tutte Casse di Risparmio. La precedente fase di commissariamento e poi l'acquisizione di grandi gruppi (Carispaq e Bls sono state inglobate da Bper, mentre la Popolare di Bari ha acquisito Tercas e Caripe) hanno determinato il cambiamento. Questa fase di incertezza, unitamente alla recessione, ha prodotto effetti negativi sul rapporto banca-impresa. Tanto è vero che dal 2008 ad oggi gli impieghi hanno avuto un andamento stagnante, se non negativo con significative ripercussioni sul mondo imprenditoriale e, in particolare, sulle piccole imprese. Sono inevitabilmente aumentate le sofferenze bancarie, e gli istituti di credito hanno mantenuto un atteggiamento molto prudente per non intaccare il proprio patrimonio. Comunque si assiste ad un generale processo di razionalizzazione del sistema bancario a seguito della riduzione del numero degli sportelli che nel terzo trimestre del 2015 avevano subito una variazione negativa del 29 per cento. Soltanto gli sportelli delle banche di credito cooperativo crescono sia in Abruzzo che nel resto del paese. Bisogna perciò sottolineare che, assieme alla Popolare di Bari che ha comunque investito in Abruzzo per oltre 200 milioni, il comportamento delle Bcc è meritevole di grande attenzione. Nonostante le grandi difficoltà del mercato, l’andamento degli impieghi dal momento della crisi ad oggi è stato sempre crescente. Si può pertanto ribadire la funzione antirecessiva svolta dalle Bcc sul territorio, contenendo l'impatto della crisi e continuando ad investire quando altri non lo facevano.

 

Come nel caso di Bcc Sangro Teatina, che continua ad investire il 95 per cento della raccolta sul territorio, e ad avere una patrimonializzazione più alta di altre banche. Quanto sono importanti questi fattori?

Sono determinanti. In un clima in cui le autorità centrali (Bce e Banca d’Italia) invocano fusioni e accorpamenti per favorire una maggiore capitalizzazione e realizzare economie di scala, c'è chi come la Bcc Sangro Teatina ha dimostrato di saper fare da sola e così ottenere importanti obiettivi. Tutti gli indicatori manifestano un andamento positivo, che testimoniano buona redditività, qualità degli impieghi e solidità. Ad esempio il Common Equity Tier 1 (CET1) è di gran lunga superiore alla media nazionale del sistema bancario, e ciò è sinonimo di garanzia sia per chi deposita e sia per la capacità di erogare credito.

 

Cosa dice a chi pensa che le banche del territorio sono vittime del localismo?

Vede, io sono per il localismo ma non per quello deteriore che guarda verso il basso, quello incapace di comprendere i cambiamenti e le sfide, quello che non sa innovare. No, sono per il localismo che guarda verso l'alto, attraverso meccanismi di efficienza operativa, di merito e di sana e prudente gestione. Sotto questo profilo la Bcc Sangro Teatina costituisce un esempio di alto profilo.

 

Le riforme del sistema bancario negoziate a livello europeo, a partire dal contestato bail-in, che ricadute avranno sul nostro sistema economico?

A mio avviso questo cambiamento doveva essere discusso a livello europeo in maniera più approfondita. In ogni caso, la sua entrata in vigore doveva essere molto più graduale. La filosofia di fondo è che l'insolvenza di una banca va fatta pagare agli azionisti, agli obbligazionisti e ai correntisti con depositi sopra i 100 mila euro, e non più dallo Stato al fine di non pesare sul singolo contribuente. A mio avviso, le figure di risparmiatore e di contribuente non sono in contrapposizione ma tendono a convergere. Questa riforma rischia di avere ripercussioni sul mercato del credito. Infatti il meccanismo creato può rendere il sistema alquanto instabile. Se una banca qualsiasi dovesse manifestare qualche problema i depositi degli investitori istituzionali, delle imprese e delle famiglie più avvedute tendono a spostarsi verso altri istituti bancari per non incorrere in eventuali bail-in. Tutto ciò intacca la solidità patrimoniale della banca, la sua redditività e quindi la sua operatività. Qualcuno potrà dire che, nonostante il bail-in, il risparmio in Italia aumenta: certamente, ma assistiamo anche a forti travasi da una banca all'alta, che mettono a rischio la tenuta di molti istituti. Non dimentichiamo che una banca è una comunità fatta anche di piccoli risparmiatori, famiglie, dipendenti, e mettere a rischio questo sistema non è un bene. Per quanto riguarda il quantitive easing e i tassi bassissimi applicati dalla Bce, non v’è dubbio che il fenomeno è da considerare nel suo complesso positivo tendente com’è a stimolare il rapporto banca-impresa e a rilanciare gli investimenti. Anche se la politica monetaria espansiva non sempre riesce a produrre i suoi effetti se non è accompagnata da una politica fiscale e da un sentiero di crescita.

 

Cosa ne pensa della riforma del credito cooperativo?

Il mio è un giudizio positivo sia perché è stata concordata con il sistema delle Bcc, sia perché le norme contestate come la way out sono state fortemente ammorbidite. In generale, ritengo che il credito cooperativo potrà ulteriormente rafforzarsi grazie a una riforma che favorisce l'aumento della patrimonializzazione, oltre che dell'aggregazione, indispensabile in contesti competitivi. Se sapranno approfittarne, le Bcc potranno ulteriormente rafforzare il ruolo già ampiamento positivo svolto in questi anni. Anni difficili che, forse, ci stiamo lasciando definitivamente alle spalle.

 

 

Giuseppe Mauro

Giuseppe Mauro è professore ordinario di Politica economica presso il Dipartimento di Economia aziendale dell’Università di Chieti-Pescara. In precedenza ha insegnato presso l’Università di Teramo e l’Università Luiss di Roma. È stato visiting scholar presso l’Università di York (GB) e ha collaborato con il Dipartimento di Geografia
economica della London School of Economics and Political Science. È stato presidente del corso di laurea in Economia e Commercio e attualmente è direttore del Corso di perfezionamento post laurea in Economia e Tecniche della Gestione bancaria.