Il valore sociale del credito cooperativo: banca di comunità

Intervista a tutto campo a Vincenzo Pachioli, che prende le redini di Bcc Sangro Teatina: continuità e rinnovamento caratterizzeranno i prossimi anni. Con una stella polare: il bene comune della nostra gente

Vincenzo Pachioli Bcc Abruzzi E Molise 2
10 dicembre 2018
La Mia Banca | 

La mission è chiara: lavorare senza sosta affinché si possa arrivare nel tempo ad un’evoluzione della coscienza di soci, clienti e portatori di interesse di Bcc Sangro Teatina, chiamati a considerare più ciò che danno alla loro comunità di quello che in fondo ricevono. Non a caso, in questa prima intervista al neopresidente della nostra banca, il professor Vincenzo Pachioli, sembrano riecheggiare le famose parole di John Kennedy: “Non chiederti cosa il tuo Paese può fare per te. Chiediti cosa puoi fare tu per il tuo Paese”. È tutto qui il rinnovamento annunciato il giorno dell’elezione, lo scorso 6 maggio ad Atessa, che fa il paio con l’inevitabile e necessaria continuità di chi si accinge a guidare una banca dai numeri solidi, che rispecchiano una gestione sana capace di dare credito ad un territorio ampio e significativo.

 

Professor Pachioli, innanzitutto complimenti per la sua nomina a presidente di Bcc Sangro Teatina: è emozionato per questo suo nuovo, importante ruolo?

Non nascondo la mia emozione perché, grazie a quanti mi hanno eletto, mi trovo alla guida di un’istituzione prestigiosa, che può vantare ben centoquindici anni di gloriosa attività. Di fatto, la nostra Bcc è rimasta la sola banca di riferimento realmente locale in un territorio importante. E questo mi fa sentire ancora di più addosso la responsabilità di operare bene, come è stato fatto finora.

 

Chi è Vincenzo Pachioli?

Sono nato il 29 settembre 1957 a Scerni, sono cresciuto a Scerni, ho sempre vissuto a Scerni, dove continuo a risiedere insieme a mia moglie e a due figli. Dopo la laurea in Economia e Commercio conseguita all’Università degli Studi “G. D’Annunzio” di Pescara, nel 1987 sono diventato docente di ruolo e da circa ventiquattro anni sono all’Istituto Tecnico Commerciale di Atessa, dove ho insegnato ragioneria prima ed economia aziendale dopo. Sono anche titolare di uno studio commerciale a Scerni, lo Studio Pachioli appunto.

 

Lei vive da tanto tempo in prima persona il mondo della Bcc Sangro Teatina: ripercorriamo insieme le tappe all’interno della banca.

Sono diventato socio il 16 aprile 1997, dunque ventuno anni fa. Il 19 maggio 1996, sono stato eletto sindaco supplente nel collegio sindacale, iniziando così il mio percorso all’interno di quest’organo che ha come compito il controllo di gestione, contabile e del rispetto delle norme dello statuto. Del collegio sindacale sono diventato presidente nel luglio del 2002. Infine, a maggio del 2018 sono stato eletto presidente del consiglio di amministrazione.

 

Rinnovamento nella continuità, si è detto. Partiamo da quest’ultima: cosa eredita da chi l’ha preceduta? Qual è il “patrimonio” della Bcc, non solo in termini economici ma anche umani, relazionali e squisitamente bancari? Perché la nostra è una banca differente?

Da sempre in Bcc Sangro Teatina c’è un valore che non può essere trasfuso in dati contabili. È il valore umano e professionale delle persone che la compongono, a partire dai nostri dipendenti che, di fatto, rappresentano il punto di contatto della banca con la clientela. Inoltre, mentre i cda passano, il personale resta, considero i dipendenti veri e propri “missionari” che comunichino sempre meglio i nostri valori. Per questo, su di loro voglio investire ancora di più, nella certezza che possono fare la differenza rispetto ai nostri competitor. In termini di continuità, inoltre, porteremo avanti con decisione il percorso di sana e oculata gestione che ci ha caratterizzati negli ultimi anni egregiamente guidati dal professor Pier Giorgio Di Giacomo, cui va la mia stima umana e professionale, e di cui ho condiviso iniziative e prese di posizione in ogni circostanza.

 

Per quanto riguarda, invece, il rinnovamento: come lo intende? Di cosa c’è bisogno in Bcc Sangro Teatina? Su cosa lavorerà più assiduamente nel suo mandato?

Rilegandomi alla risposta precedente, sono fortemente convinto che proprio i dipendenti debbano concepirsi ancora di più come persone capaci non solo di consigliare ma anche di far passare un’idea che mi sta particolarmente a cuore: chi si rivolge a noi lo fa sicuramente perché può trovare condizioni economiche favorevoli, ma soprattutto perché sa che i soldi che ci sta affidando serviranno a “fecondare” la sua comunità, a sostenere imprenditorialità, progetti, lavoro, iniziative e quanto rende più umano il posto in cui si vive. Questo è il salto culturale necessario e imprescindibile se si vuole capire in cosa consiste davvero la diversità di una Bcc, e i dipendenti possono, insieme alla governance, contribuire a questa evoluzione. Insisterò molto sulla formazione del personale, anche perché fare banca oggi significa essere consapevoli che è profondamente cambiato il modello di business, e che dunque in questa fase serve aumentare i ricavi da servizi per migliorare la redditività. Formazione, poi, finalizzata a conoscere nuove possibilità e a utilizzare nuovi strumenti e applicazioni. Del resto, se si fa una statistica sugli accessi ai servizi bancari, è evidente che allo sportello si recano sempre meno clienti. Bisogna, in definitiva, coniugare le due cose: accompagnamento umano e professionale della clientela, e sviluppo di tecnologie che favoriscano e facilitino l’accesso ai servizi. Ma rimane il fatto che la banca deve continuare ad essere della comunità più che del territorio: la forza delle relazioni è un patrimonio di inestimabile valore.

 

Come immagina la Bcc Sangro Teatina di qui a dieci anni?

In virtù della recente riforma del credito cooperativo, sono certo che il punto di approdo rimane quello di un posto di rilievo nel gruppo Cassa Centrale Banca, dove intendiamo conservare un’autonomia reale. Del resto, il patto di coesione che verrà sottoscritto si basa proprio sul sapere fare banca, e l’autonomia si conserva con la capacità gestionale che non ci è mai mancata. Dunque, da protagonisti in un grande gruppo: siamo certi che la scelta fatta l’anno scorso di aderire alla cordata trentina sarà per noi una grandissima opportunità, ogni giorno di più.

 

Che cosa significa, per lei, banca del territorio? Quali caratteristiche deve avere una banca per definirsi del territorio?

Come accennato, più che di banca del territorio mi piace parlare di banca di comunità, perché questo concetto esprime meglio il fatto che si è parte di un sistema fatto di relazioni e persone che condividono lo stesso destino. In breve: la banca di comunità è quella in cui prevale l’aspetto sociale rispetto a quello economico.

 

Come intende valorizzare il ruolo del consiglio di amministrazione e di altri organismi della governance?

Una banca è un’azienda sui generis perché deve sottostare al controllo della Banca d’Italia. Per questo il cda, fatto da professionisti e imprenditori del territorio, può e deve dare utili contributi per far sì che la sana gestione si sposi con quanto atteso dalla banca centrale.

 

Cosa vuole dire, in occasione del suo insediamento, a tutti i cosiddetti stakeholder della banca come enti locali, imprese, mondo delle professioni, associazioni sociali e culturali ecc.?

Cerchiamo di fare rete, ognuno nel proprio settore e nelle aree di competenza: tutti devono sapere che ci siamo, e tutti siano più inclini a lavorare con banche di comunità. Le banche di comunità ci sono e non fanno speculazioni finanziarie, ci si può contare davvero.

 

Il sistema bancario in Italia ha attraversato una forte crisi negli ultimi anni, ma sostanzialmente ha retto senza tracollare, al netto di alcune banche che non ci sono più. Che idea si è fatto al riguardo? Quali le cause di questa crisi? Come giudica le soluzioni adottate, molte delle quali prese a livello comunitario?

La crisi è scaturita dallo strabismo di certi manager più attenti a ciò che accade in Borsa e alla speculazione finanziaria che non all’economia reale. L’Italia, per certi versi, è uscita meglio dalla crisi rispetto ad altri Paesi, anche perché l’esposizione nei confronti del sistema creditizio è soprattutto da parte dello Stato. Ma una cosa è mancata: una seria capacità di negoziazione, per tentare di ridurre la mole dei crediti deteriorati con strumenti diversi da quelli adottati. Su questo si deve fare ancora molto.

 

Presidente, in bocca al lupo e buon lavoro.

Crepi il lupo! Che i prossimi anni siano sempre all’insegna della valorizzazione del bene comune, cui la nostra banca contribuisce con serietà e dedizione da ben centoquindici anni. Avanti così.