Il pianoforte, la musica, la vita: Michele Di Toro

Il grande pianista abruzzese è applaudito nei migliori palcoscenici di tutto il mondo: dai classici al jazz, passando per il tango, le sue note incantano e fanno sognare

Michele Di Toro Bcc Abruzzi E Molise
10 aprile 2016
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"Il pianoforte è la mia vita. È come una parte del mio corpo: non potrei concepirmi senza". Michele Di Toro è tra i più affermati pianisti italiani a livello internazionale: a quarantadue anni, infatti, ha già suonato in tutto il mondo. Abruzzese di Sant'Eusanio del Sangro, è un artista davvero eclettivo: interprete e compositore, il suo genere spazia dalla musica classica al jazz, non senza incursioni nel tango. "Perché - sottolinea con decisione - la musica è una, e io amo la musica".

 

Michele Di Toro, come nasce la sua passione per la musica in generale e per il pianoforte in particolare?

Mi è stata trasmessa dalla mia famiglia, in particolare da mio padre, che aveva comprato un pianoforte nella speranza che qualcuno suonasse. Per me è stato amore a prima vista: a tre anni già mi divertivo con questo strumento, e a sette anni i miei genitori mi hanno iscritto in una scuola musicale. Da allora, non ho smesso più di formarmi: dopo il conservatorio di Pescara, mi sono specializzato prima a Parigi e poi a Milano.

 

C'è stato qualcuno che nel suo percorso di vita ha saputo valorizzare ed indirizzare il suo talento?

Sicuramente devo molto al maestro Marco Fumo, uno dei migliori docenti del conservatorio di Pescara: mi ha saputo instradare, ha valorizzato il mio talento e mi ha messo nelle condizioni di esprimermi al massimo livello. Poi, crescendo, mi sono fatto un po' da me, e avendo l'orecchio assoluto sono riuscito ad avere una facilità di approccio con il jazz, dopo la musica classica. Ma soprattutto, ascoltavo i grandi della musica: i miei veri maestri sono stati i dischi. Ho una grande collezione di dischi che mi hanno insegnato davvero tanto.

 

Quali le tappe fondamentali della sua carriera?

Ho debuttato in pubblico ad Atessa nel 1989 con il mio primo concerto: avevo quindici anni. Da allora è stato un continuo crescendo: ho suonato in Canada, Francia, Inghilterra, Stati Uniti, Finlandia, Svizzera, Turchia, Cile... Ed ogni volta è un'emozione grandissima, perché cerco costantemente l'empatia con il pubblico: quel silenzio in sala, infatti, è un dialogo che rimane nascosto nell'aria. Nel silenzio tra palcoscenico e platea, ne sono sicuro, c'è una grande energia.

 

Ci sono concerti che ricorda in modo particolare?

Circa dieci anni fa mi sono esibito al Giuseppe Verdi di Milano davanti a millecinquecento persone: indimenticabile! Ma anche la prima volta che ho suonato al jazz club Blu Note, sempre di Milano, nel 2009: da allora, ho regolarmente frequentato questo storico locale. Infine, è stata molto bella la recente tournée con l'Orchestra Sinfonica Abruzzese.

 

Come definirebbe il suo stile musicale?

Provengo da studi classici, ma sono un pianista a metà tra la musica classica e il jazz. Così, adoro Mozart e Chopin ma anche maestri del Novecento come Ravel, Bartók e Skrjabin. Non manca, poi, un'influenza "tanghera", al punto che ho lavorato con Daniele Di Bonaventura ad un progetto sul tango di Astor Piazzolla e altri musicisti argentini. Oltre che interprete, sono anche compositore: mi piace molto improvvisare, e a volte lo faccio a partire anche da una sola nota. In breve, mi piace la musica ad ampio raggio, e ho una personalità musicale articolata che attinge da molte fonti.

 

Attualmente si esibisce da solo e in trio.

Quando suono da solo ho una grande libertà: è un dialogo tra me e il pianoforte. Il trio, che da dieci anni compongo insieme a con Yuri Goloubev al contrabbasso e Marco Zanoli alla batteria, è la formazione più usuale perché contribuisce ad un importante equilibrio sonoro e creativo.

 

Di Toro, che cos'è per lei il pianoforte?

Cerco di trovare me stesso attraverso la musica e il pianoforte, che è la mia vita e la mia passione: non potrei stare senza. Direi che è un po' la prosecuzione del mio stesso corpo.

 

Cosa c'è nel futuro di Michele Di Toro? Ha un sogno nel cassetto?

Proseguire ad affermarmi con lo stesso entusiasmo nel mondo musicale. E, ovviamente, ci sono nuovi progetti discografici e concertistici.

 

La formazione musicale in Abruzzo in particolare, e in Italia in generale, è adeguata? Cosa migliorare e cosa valorizzare?

In Italia ci sono degli ottimi musicisti e la qualità è elevata. Mancano però gli spazi, e c'è una grande necessità di sinergia tra organizzatori e musicisti. Da un punto di vista formativo, rimango dell'avviso che la musica andrebbe più valorizzata nelle scuole. Senza alcun dubbio.

 

Come ha conosciuto Bcc Sangro Teatina? Cosa pensa di questa realtà del territorio?

Tramite il direttore generale Fabrizio Di Marco, anch'egli, come me, Cavaliere della Repubblica: esprimo il mio plauso a questa bella realtà così importante per il territorio. In generale, il sistema del credito cooperativo merita un plauso: quando si tratta di sostenere la cultura, la musica, l'arte, il territorio, gli eventi, le Bcc ci sono sempre: grazie di cuore per tutto questo!