Giancristofaro: "Natale rimane la festa della famiglia"

Intervista al noto antropologo: ecco le tradizioni più belle e sentite della nostra regione, tra vigilia, presepe, cibo e condivisione

Emiliano Giancristofaro Bcc Sangro Teatina
10 dicembre 2013
La Mia Banca | 

Un Abruzzo che cambia, evolve sulla scia di un moderno consumismo ma che continua a rimanere ancorato a solide radici culturali che, nel periodo natalizio, si esaltano. Ne è convinto il professor Emiliano Giancristofaro, antropologo di fama e studioso di usi e costumi della nostra terra, storico direttore della Rivista Abruzzese, nonché socio Bcc Sangro Teatina. Con lui volentieri facciamo una "passeggiata" tra le nostre tradizioni, in particolare quelle natalizie alle porte.

 

Professor Giancristofaro, che terra è l'Abruzzo? Chi è l'abruzzese?

Sarebbe opportuno chiedersi chi era ieri e chi è oggi, visto che sono avvenute mutazioni molto evidenti anche nel nostro mondo popolare. È il vissuto che è cambiato, così come è cambiato il mondo. In molti mi chiedono che senso abbia studiare i rituali di una volta e metterli a confronto con quelli di oggi? Rispondo che serve proprio a studiare questi processi di mutazione che ci dicono che è mutata la famiglia, così come la conservazione della cultura tradizionale. Ma l'abruzzese rimane pur sempre legato alle sue origini, in particolare al ruolo della famiglia.

 

Cosa rappresenta la famiglia per l'abruzzese?

Tanta gente è andata via dall'Abruzzo. Ma il fatto che, poi, ci si ritrovi tutti insieme a Natale, secondo l'adagio "Natale con i tuoi, Pasqua con chi vuoi", sta a ricordarci che questa è proprio la festa della famiglia, cui nessun abruzzese si sottrae perché la nostra è una cultura intimamente legata alla famiglia. Anche se tante tradizioni sono cambiate, il Natale proprio perché festa della famiglia rimane di forte richiamo. Anche se le sole tracce di un Natale povero di un tempo si trovano ormai solo nel folklore, questo rimanere un'occasione in cui ci si ritrova fa del Natale una festa estremamente tradizionale.

 

Com'è il Natale abruzzese?

Questa festa è stata attaccata pesantemente dal consumismo, anche se resiste fino a rimanere comunque la più importante dell'anno, con forti legami con la tradizione. Del resto, non dimentichiamo che è anche una festività "precristiana", la festa del solstizio d'inverno e del sole, che la rendono importante anche per chi non crede.

 

Quali i tratti particolari?

Molta importanza hanno i "preludi" al Natale, ben raccontati da uno studioso come Donatangelo Lupinetti. A Lanciano, così, esiste la Squilla, il suono della campana che annuncia l'arrivo del Natale già dalla vigilia, giornata molto importante di meditazione e digiuno, che conclude la novena ed è ricca di riti come quello del "tecchio", il pezzo di legna che il capofamiglia accende nel caminetto per riscaldare il Bambinello, che rimanda anche al fuoco della festa del solstizio d'inverno. Ad annunciare il grande giorno, inoltre, dappertutto non mancano zampognari e ciaramellani. Molto importante è il cibo, che racchiude molti simboli. Il cenone, innanzitutto, è tradizionalmente magro e a base di pesce, e a seconda della zona prevede sette o nove pietanze (in questo caso in memoria dei mesi di gestazione della Vergine), come analizza Gennaro Finamore nella sua pubblicazione del 1920 dedicata ai cibi di Natale, in cui parla anche dei dolci come i famosi "cagionetti", rigorosamente fritti, e del torrone per i più agiati, o dei taralli e "celli pieni" spesso cibo di scambio oltre che di consumo nelle famiglie. Tutto fatto rigidamente in casa.

 

E il presepe?

Anche questa è una tradizione forte in Abruzzo che, pur risentendo dell'influenza napoletana, ha una sua identità autentica che, grazie ai francescani della nostra terra, ci porta dritti ad Assisi e al primo presepe di San Francesco. Così, il primo esempio di presepe domestico della storia è a Celano, con ben centosedici figurine, mentre di grande pregio è quello di Leonessa, in provincia di L'Aquila, monumentale con le sue statue in terracotta della scuola di Luca della Robbia, con personaggi di grandezza naturale. Un capolavoro, poi, quelli di Costantino Barbella o di Peppino Avolio a Pacentro, fino al presepe vivente di Rivisondoli, il più antico d'Italia: tutti esempi di una tradizione artistica diffusissima. Una costante è l'ambientazione nella nostra terra, con il Gran Sasso e la Maiella sullo sfondo, i nostri boschi e i nostri fiumi e, soprattutto, con i nostri pastori. Il presepe di Costantino Barbella, presepe di Pacentro, peppino Avolio, ambientati nella zona in cui nascono, valle peligna, Sulmona. Non solo influenza napoletana, ma un filone più autentico: attraverso i francescani legame con Assisi, ambientazione nella nostra regione. E, ovviamente, Natale è ricco di credenze e usanze: una volta si pensava che la notte di Natale le streghe dovessero rinnovare le loro formule e i loro rituali perché avessero valore durante tutto l'anno, e chi usciva per ultima dalla Messa della notte era sicuramente una strega rimasta fino alla fine per rinnovare i suoi riti magici. In definitiva, nella storia della festa di Natale si coglie il senso della storia dell'umanità: da festa pagana a più importante festa cristiana, in un itinerario in cui l'Abruzzo ha avuto molto da creare e lasciare ai posteri.