Giancarlo Galli: "Necessaria più economia reale, meno finanza"

Crisi, credito, spread, sistema bancario: a colloquio con l’economista. "Il credito cooperativo ? un baluardo prezioso”

Giancarlo Galli
10 maggio 2013
La Mia Banca | 

"E' necessaria più economia reale e meno finanza. E le piccole banche, come quelle di credito cooperativo, sono le avanguardie di questa concezione che è culturale prima ancora che tecnica, unica via d'uscita dalla crisi dei nostri giorni". Ha le idee molto chiare Giancarlo Galli, economista esperto di finanza, noto scrittore ed editorialista di Avvenire: l'attuale periodo di difficoltà è il risvolto di uno stile di vita consumista che ci spinge a spendere più delle nostre reali possibilità ed esigenze, a partire da bisogni inventati e non reali che troppe banche traducono in prestiti assolutamente sproporzionati, all'origine di troppi guai.

 

L'attuale crisi economica è "figlia" di una crisi di natura finanziaria, scoppiata nel 2007 negli Stati Uniti: perché c'è stata questa evoluzione da crisi finanziaria a economica?

Tutte le crisi economiche nascono da una degenerazione dell'economia reale in quella finanziaria, che avviene quando da uno scambio di merci e prodotti fisico si passa ad uno immaginario. In altri termini, quando si rinvia un problema, come può essere quello del pagamento di un bene, al futuro, slegandolo dal presente. Spesso questo rinvio non è possibile, e si costruisce così un edificio fasullo. Quando poi questo edificio crolla, porta con sé tutto, anche il buono. Prendiamo le nostre aziende: un tempo si autofinanziavano, reinvestendo gli utili. Quando poi l'economia ha iniziato a correre veloce, richiedendo forme di finanziamento altrettanto rapide per stare al passo con i tempi, sono stati inventati strumenti sofisticati che hanno spostato l'attenzione dall'economia reale a quella finanziaria, facendo fare alle aziende e a tutto il sistema il classico passo più lungo della gamba. Non è la prima volta che accade, solamente che un tempo si usciva da una situazione del genere con uno strumento come la guerra, grande e terribile volano dell'economia. A dire il vero, ancora oggi gli Stati Uniti ricorrono a questa strategia, possibile per Paesi leader, non certo per tutti, ben sapendo che la fase di ricostruzione porta ad un'espansione dell'economia proprio perché focalizza tutto su cose molto reali: l'edificazione di case, strade, servizi. Fino a quando tutto ciò non degenera di nuovo in economia finanziaria. Naturalmente, non stiamo invocando una guerra per risolvere i nostri problemi...

 

Come è possibile, allora, riequilibrare economia reale e finanziaria? C'è chi parla di separazione delle banche commerciali da quelle d'affari.

Attenzione: prima ancora di risposte tecniche è decisivo stabilire quale modello di società abbiamo in mente. Attualmente siamo immersi in una società consumistica in cui non si soddisfano i bisogni, ma semplicemente li si inventano. L'automobile non è una necessità ma uno status symbol, il telefonino non serve solo per telefonare ma per fare tantissime altre cose, non si acquista più la casa mettendo soldi da parte ma ricorrendo ad un mutuo, e tantissimi hanno una seconda abitazione. Oppure si pensi alla sanità: abbiamo la presunzione di ricorrere l'immortalità, facendo un ricorso spaventoso alle cure mediche che, ovviamente, hanno un costo. Non a caso, si parla di industria ospedaliera. E via dicendo. In questo modo si crea un circolo vizioso da cui è difficilissimo uscire. Senza ricorrere ad una guerra, allora, dovremmo riscoprire un modello più frugale, fatto di bisogni ed esigenze concrete e non inventati ad arte.

 

Che ruolo hanno le banche in questo modello?

Le banche presiedono questo sistema perché sono loro che concedono prestiti. E, quando non sostengono lo scambio di beni e prodotti, alimentando solo transazioni immaginarie. Credo che sia necessario riscoprire la funzione primaria di una banca: essere strumento al servizio di chi produce, crea valore, risponde a propri e altrui bisogni, risparmia. In altre parole, urge un radicale cambiamento di mentalità.

 

Quando un'attività finanziaria può definirsi sana?

Quando la capacità di una banca di supportare un prestito di denaro si incrocia con la capacità del singolo di onorare il debito. Invece, negli ultimi anni sono stati dati prestiti a chiunque, per di più con tassi spaventosi, e rischi che sono finiti in mostruose catene di Sant'Antonio. Tutto ciò ha portato a privilegiare il consumo rispetto al risparmio. Ecco perché abbiamo corso troppo, violentando le regole della buona economia.

 

Quindi nuove regole possono invertire questa situazione?

Le regole servono se c'è un'autocoscienza diversa. Guardiamo ciò che sta succedendo nella Chiesa: Papa Francesco la sta trasformando con la sua testimonianza. Nuove regole, eventualmente, saranno varate dopo. Ma prima serve l'educazione con i fatti, un cambiamento di coscienza senza il quale non si va da nessuna parte.

 

Da due anni non si fa altro che parlare di spread, il differenziale tra i nostri titoli di Stato e quelli di altri Paesi. Ritiene che incide davvero sulla vita delle persone?

Non credo. Lo spread è un fatto sovrastrutturale che viene utilizzato dai banchieri politici per dire quanto sono bravi. È solo un indicatore, una sorta di fotografia che ci dice che i Paesi sono diversi. Non mi sembra una grande scoperta. Lo sappiamo tutti che l'Italia non è la Germania. Semmai, ci ricorda che possiamo migliorare in molti ambiti, ma ci sono settori che dicono che siamo superiori, come nel caso del turismo. Per questo, lo spread è uno strumento di pressione, spesso ampiamente compensato da altri meccanismi sovranazionali.

 

Le banche di credito cooperativo sono le ultime banche del territorio, con azionisti che sono i soci e con un capitale che viene reinvestito laddove viene generato. Come giudica questo sistema? Quanto è importante, per un'attività bancaria, il legame con il territorio?

Le banche di credito cooperativo sono preziose perché hanno in sé elementi come la partecipazione, la conoscenza dei problemi e il senso di responsabilità che altri istituti non hanno o non hanno più. Sono tratti distintivi che oggi perpetuano esperienze come le banche popolari o le casse di risparmio. Così, ai giorni nostri sono proprio i piccoli istituti che difendono e promuovono l'economia reale. Grazie a loro, il risparmio viene fatto confluire nel sistema produttivo, e non disperso in mille rivoli come avviene altrove. In altri termini, sono banche che hanno un forte senso etico, quello che serve per riscoprire per il bene di tutti.

 

Giancarlo Galli

Presidente de Il Premiolino, il più antico premio giornalistico italiano, è stato inviato speciale de Il Giorno e direttore de Il Lombardo. Segretario e co-fondatore del Gruppo Cultura Etica e Finanza, è attualmente editorialista di Avvenire. Autore di inchieste e saggi di economia e finanza, tradotti anche all'estero. Con "Il padrone dei padroni. Enrico Cuccia, il potere di Mediobanca e il capitalismo italiano" (Garzanti 1995), è stato finalista Premio Internazionale del Financial Times. Fra i principali titoli: "I cattolici e il sindacato" (Palazzi 1969, Premio Campione d'Italia); "Benedetto Bettino - Biografia di Craxi" (Bompiani 1982). Con Mondadori ha pubblicato "Gli Agnelli" (1997), "La fabbrica dei soldi. Storia della borsa" (2000), "L'Euro, la grande scommessa" (2001), "Finanza Bianca - La chiesa, i soldi, il potere" (2004), "Poteri deboli: la mappa del capitalismo nell'Italia in declino" (2006). Nel 2008 con Garzanti ha pubblicato "Nella giungla degli gnomi. Politica, economia e finanza dall’era Fazio al grande crac". Il suo ultimo lavoro è "Il banchiere innamorato. La straordinaria vita di Giorgio Zanotto tra la "sua" famiglia, la "sua" Verona, la "sua" banca" (Marsilio 2011). Ha svolto incarichi di consulenza in istituzioni bancarie nazionali e internazionali.