Diritto alla verità: informazione decisiva durante la pandemia. E anche dopo

CORONAVIRUS: IDEE PER IL DOPO - Lo sguardo d’insieme di Stefano Pallotta, presidente dell’Ordine dei Giornalisti d’Abruzzo

Stefano Pallotta Bcc Abruzzi E Molise
10 aprile 2020
La Mia Banca | 

Come il mondo dell’informazione ha affrontato l’emergenza?

I giornalisti sono stati in prima linea e non hanno mai abdicato al loro ruolo fondamentale, quello di tenere costantemente informata la pubblica opinione su tutti gli aspetti emergenziali e scientifici per poter fronteggiare consapevolmente la pandemia. A questa funzione primaria abbiamo avuto la forza di affiancarne un’altra non del tutto secondaria, anzi: quella di fronteggiare anche le false informazioni e la disinformazione. Lo abbiamo fatto costituendo gruppi di lavoro che hanno analizzato quel pozzo nero delle bufale che vengono pubblicate, in particolare, sui social. Il “contagio” delle fake news è pericoloso quasi come il coronavirus perché tende a persuadere la gente su teorie scientifiche sbagliate, su disegni complottistici e altro ancora. È un “contagio” subdolo perché veicolato, in molti casi, anche da personalità che hanno acquisito, nei loro campi professionali, autorevolezza e credibilità. I giornalisti, insomma, in questa drammatica circostanza hanno svolto un vero servizio pubblico, dalla parte dei cittadini e di quelle istituzioni che più direttamente sono state impegnate a fronteggiare l’emergenza (il personale sanitario, le forze dell’ordine, il volontariato). Per i giornalisti, è brutto dirlo in queste circostanze, è stato un momento per riaffermare la loro professionalità che è fatta di metodo e di regole. E la gente lo ha recepito. Le persone hanno scelto di informarsi attraverso canali informativi qualificati. Ovviamente, come in tutti i casi di emergenza, ci sono state anche le eccezioni, ma si è trattato di circostanze e vicende molto marginali.

 

Quale domani per il giornalismo dopo l’emergenza?

Il mondo dell’informazione sta attraversando il periodo più problematico della sua storia contemporanea, alle prese con un processo di ristrutturazione fatto di lacrime e sangue che, troppo spesso, ha trovato insensibile se non addirittura ostile il ceto politico quando è stato chiamato a sostenere le aziende editoriali in gravi difficoltà. E non parlo solo dell’editoria storica, ma anche di tutta la filiera editoriale dell’online. L’emergenza del coronavirus ha dimostrato inequivocabilmente che senza un’informazione di qualità, credibile e affidabile, si rischia grosso. Spero si sia compreso, finalmente che non basta la sola comunicazione istituzionale. La comunicazione è persuasione, l’informazione è conoscenza. Credo che sia maturata la consapevolezza di un nuovo diritto primario: il diritto alla verità. E i giornalisti per vocazione hanno la passione per la verità. Si può ironizzare quanto si vuole su questa affermazione, ma in ultima analisi è stata l’informazione, sono stati i giornalisti a raccontare la verità su tutti gli aspetti di questa emergenza. Per questo non sono pessimista sul futuro della professione giornalistica. Chi aveva vagheggiato la fine del giornalismo, in questa occasione, ha dovuto ricredersi.

 

Tre idee concrete per il dopo coronavirus.

In primo luogo, un grande piano nazionale di sostegno all’editoria, ormai non rinviabile. Inoltre, una più attenta considerazione delle istituzioni regionali nei confronti dell’occupazione giovanile nel settore del giornalismo online. Infine, una riforma dell’accesso alla professione giornalistica per renderla più democratica attraverso percorsi universitari capaci di formare una nuova generazione di operatori dell’informazione. Non si possono più tollerare rinvii e attendismi su questo versante. È la condizione minima per un’espansione del giornalismo di qualità. Per fronteggiare la disinformazione e la propaganda occorre conoscenza e quindi strumenti culturali che mettano in condizione i giornalisti di superare cristallizzazioni professionali che si sono sedimentate nel corso degli anni attraverso la cosiddetta “praticaccia”, anacronistica, autoreferenziale e sempre uguale a se stessa. 

 

Che ruolo possono avere le banche di credito cooperativo come la Bcc Sangro Teatina nella nuova fase dell’informazione?

Le banche di credito cooperativo sono istituti di credito fortemente radicate nel tessuto economico e produttivo dei territori. I loro dirigenti conoscono anche le imprese che operano nel campo dell’informazione e della comunicazione a cui spesso si rivolgono per la pubblicazione dei loro comunicati. Conoscono le professionalità e le consistenze in termini di autorevolezza dei mezzi di comunicazione territoriali. Si tratta di una risorsa importante, irrinunciabile, in un sistema democratico. L’informazione locale ha bisogno di sostegno, soprattutto in periodi come quelli che stiamo vivendo, a causa del drastico ridimensionamento della pubblicità. Le Bcc possono, anzi debbono, aiutare, attraverso meccanismi finanziari agevolati, queste piccole aziende di comunicazione che chiedono assistenza per poter andare avanti. È una strada che possono indicare anche al ceto politico che finora ha ignorato le richieste del settore.