D'Alessandro Confetture: il massimo interprete di un territorio esuberante
Di padre in figlio, una storia che parla di cose buone e ben fatte, tra marmellate, composte, frutta sciroppata e molto altro. Un sogno diventato realtà, che guarda al futuro con l’ottimismo dell’Abruzzo più vero
Un racconto perfetto delle colline teatine, esuberanti di frutta, colori e dolcezza. Una via golosa per scoprire una terra che parla di forza, coraggio e amore. D’Alessandro Confetture di Giuliano Teatino è un po’ tutto questo. Un’impresa nata dalla forza di Orazio D’Alessandro, che mise a frutto – è proprio il caso di dire – la sua voglia di lavorare e quanto aveva imparato in Australia, da dove volle tornare pervicacemente a fine anni Sessanta, per riabbracciare la sua terra.
Una realtà oggi affermata a livello nazionale: le sue confetture, le sue composte, la frutta sciroppata, le passate di pomodoro e tante altre delizie colorano gli scaffali di gastronomie e piccoli supermercati di mezza Italia, ricercate da chi ama le buone cose di un tempo.
Anche se si aggira attorno all’azienda sorridente e accogliente, com’è nel suo stile, Orazio ha ceduto le redini dell’azienda ai figli Maurizio, Sandra e Cinzia. Quest’ultima ha recentemente scritto anche un libro, dal titolo “Partire… con zero”, in cui spiega come “realizzare i propri sogni con ambizione, coraggio, disciplina”. Racconta sorridente: “Di ritorno dall’Australia, mio padre investì in terreni da coltivare. Una volta, un suo amico gli chiese quasi per scherzo un quintale di marmellata, la tipica “Scrucchijata” abruzzese. Detto, fatto: ne nacque un prodotto eccellente, da cui iniziò la mutazione dell’azienda agricola in azienda di trasformazione”.
E trasformazione è la parola magica di D’Alessandro Confetture: “Selezioniamo la frutta migliore, proveniente rigorosamente dal territorio: abbiamo produttori che lavorano esclusivamente per noi. Quando diciamo frutta migliore, intendiamo la primissima scelta: un tempo si relegava alla trasformazione quella non eccellente, e si vendeva la migliore in assoluto come frutta da tavola. Ecco: noi scegliamo proprio quella destinata alle tavole. E poi realizziamo le nostre ricette a partire da quelle della tradizione: come si faceva in casa una volta”. Non a caso, la filosofia di fondo è molto semplice: “Noi mangiamo quello che vendiamo, perché siamo quello che diciamo”.
La credibilità del prodotto, insieme ad una famiglia che ci ha sempre messo la faccia, ha fatto il resto: sei dipendenti interni, vari collaboratori esterni, 1 milione e 600 mila euro di fatturato, un catalogo prodotti di tutto rispetto, massima espressione del territorio. Le confetture, ad esempio, parlano delle ciliegie di Giuliano Teatino, famose dappertutto, ma anche di fichi, albicocche, pesche, mele… Insomma, un catalogo della ricchezza che, di albero in albero, di tradizione in tradizione, rende unica questa zona d’Abruzzo. Ecco perché la famiglia D’Alessandro è fiera ambasciatrice dell’Abruzzo a tavola: “Una terra che non ha nulla da invidiare a nessuno” dice con orgoglio Cinzia.
E quando c’è da essere orgogliosi, non può mancare un altro protagonista del territorio: la Bcc. “Mio padre fu tra i primissimi correntisti della Cassa Rurale di Giuliano Teatino, poi confluita nella grande famiglia della Bcc Sangro Teatina. Per noi, è sempre stata la nostra banca. Banca di persone che ti conoscono, che ti guardano in faccia, che stimano il tuo lavoro. Da sempre, sono al nostro fianco, e siamo davvero fieri di avere un partner come la Bcc, cui va il nostro ringraziamento”.
Cosa c’è nel futuro di D’Alessandro Confetture? Cinzia ha le idee chiare: “In primo luogo, vogliamo essere sempre più conosciuti e riconosciuti a livello nazionale. Il sogno è quello di diffondere la cultura del buon cibo e della scelta di ciò che decidiamo di mangiare perché in fondo siamo quello che mangiamo. Inoltre, la nostra speranza è che i nostri figli continuino questa impresa. Che non è solo un’impresa, ma una storia: la storia di una famiglia che ama il suo territorio, e ne interpreta al meglio la bontà e la tradizione”.