Commercio: un comparto dai grandi numeri

Insieme all'artigianato, rappresenta la spina dorsale della nostra economia, che dà lavoro a 3,5 milioni di italiani. Ma Bortolussi (Cgia Mestre) avverte: è ora di una svolta

Giuseppe Bortolussi Bcc Abruzzi E Molise
10 agosto 2014
La Mia Banca | 

Un osservatorio privilegiato, che negli anni ha dimostrato un dinamismo invidiabile e una capacità di analisi davvero unica. Un centro studi che da sempre approfondisce problemi, sforna cifre, parla con un'autorevolezza ascoltata ovunque a livello nazionale. È la Cgia di Mestre, la storica Associazione degli Artigiani e delle Piccole Imprese, da sempre in prima linea sul fronte caldo delle aziende di ridotte dimensioni, che rappresentano la spina dorsale della nostra economia. Il direttore, Giuseppe Bortolussi, è anche il fondatore dell'apprezzato Centro Studi, e ben volentieri ci aiuta a mettere a fuoco il settore al centro del nostro approfondimento di questo numero de La Mia Banca: il commercio.

 

Direttore Bortolussi, il comparto del commercio ha una sua specificità nell’ambito delle piccole e medie imprese italiane?

Direi proprio di sì, come testimonia una cifra inequivocabile: 1 milione e 400 mila imprese. Tante sono quelle commerciali, che dunque rappresentano uno degli assi portanti del mondo delle piccole e medie aziende italiane. Assieme all’artigianato, forma quel tessuto connettivo che ha garantito la crescita e la qualità della vita delle nostre città.

 

Quanto incide il commercio nel panorama economico italiano? Quali i numeri di questo settore?

Tutto il settore del commercio ha prodotto nel 2013 quasi 150 miliardi di euro di valore aggiunto: l’incidenza percentuale sul totale dell’economia è pari al 10,7 per cento. Le imprese costituiscono il 27,4 per cento del totale delle aziende presenti in Italia. Ma c'è un dato su tutti che va sottolineato: gli occupati sono quasi 3.500.000. Significa che su un totale di 24 milioni, il settore del commercio incide per il 14,5 per cento.

 

Inevitabilmente, questo comparto avrà risentito della crisi...

Tra il 2008 e il 2013 il commercio al dettaglio ha perso 64 mila aziende e 11,2 punti percentuali di valore aggiunto. Il calo dei consumi interni, l’aumento delle tasse e la concorrenza realizzata dalla grande distribuzione hanno falcidiato questo settore.

 

Commercio fa rima con consumi: come sono andati negli ultimi anni? Come si risollevano? Vede qualche segnale di inversione di rotta? Gli 80 euro in più nelle buste paga hanno inciso sul clima di fiducia in generale?

Solo negli ultimi due anni il calo dei consumi delle famiglie italiane ha superato il 6 per cento. È ovvio che i primi a risentirne siano stati proprio i piccoli commercianti che operano per il mercato domestico. Rimango convinto che per ritornare a consumare bisogna aumentare la platea di coloro che lavorano, quindi bisogna combattere efficacemente la disoccupazione. Inoltre, bisogna lasciare più soldi in tasca ai lavoratori dipendenti e ai pensionati. Senza dubbio, l'aver lasciato 80 euro in busta paga ai dipendenti con livelli di reddito medio basso, va nella direzione giusta. Ma non sappiamo ancora se questa misura avrà degli effetti sulla ripresa degli acquisti. Rimane il fatto che è una scelta che ha trasmesso molta fiducia alle famiglie italiane.

 

A suo avviso, quali sono i punti di forza e quali quelli di debolezza del commercio?

Il punto di forza delle piccole imprese commerciali è legato al fatto che in buona parte sono attività di vicinato e a conduzione familiare. Quest’ultimo aspetto consente di ammortizzare i costi, di favorire il ricambio generazionale e, soprattutto, di “vivere” l’attività lavorativa oltre il tradizionale orario di lavoro. Famiglia e impresa sono tutt’uno, per cui i problemi vengono vissuti e affrontati assieme, costruendo uno spirito di squadra che spesso costituisce il fattore di successo di queste attività. Il punto di debolezza va ricercato nella mancanza di strategie di marketing aggressive ed efficaci in grado di contrastare l’attività della grande distribuzione.

 

Commercio e credito: qual è lo stato dell’arte? Il comparto soffre o ha sofferto del credit crunch? Le banche del territorio come le Bcc hanno dimostrato una diversità in questo ambito rispetto ad altri gruppi di credito?

Anche per le piccole imprese commerciali l’accesso al credito costituisce un problema. Tra il 2011 (anno in cui ha avuto inizio la stretta creditizia) e il 2013, il settore ha subito una contrazione nell’erogazione del credito pari al 6,8 per cento. In termini assoluti sono “mancati” 10 miliardi di euro di prestiti. A differenza degli istituti di credito nazionali, sia le Bcc sia le banche Popolari hanno continuato a sostenere economicamente le piccole aziende, anche quelle commerciali. L’aumento delle sofferenze è stato esponenziale e solo queste realtà creditizie si sono sobbarcate gli oneri di questa situazione.

 

Di quali politiche pubbliche avrebbe bisogno il settore?

Oltre a quelle tradizionali e riconducibili alla politica nazionale – ovvero, meno burocrazia, meno tasse e più credito - gli enti locali devono garantire centri storici e periferie meno degradate, politiche della mobilità che consentano di arrivare con mezzi pubblici e privati ovunque e, in particolar modo, livelli di sicurezza che ormai non registriamo nemmeno nelle ore diurne.

 

Un'ultima domanda: crede che la recente introduzione del Pos creerà ulteriori problemi?

L’introduzione dell’obbligo del Pos per le transazioni sopra i 30 euro non ha dato luogo a nessun problema, a ben vedere: lo strumento è molto diffuso tra i commercianti. Potrebbe creare alcuni problemi agli ambulanti, ai piccolissimi negozi ubicati nelle città di montagna o nei paesi di campagna che non registrano presenze turistiche. Per queste attività i costi di gestione potrebbero mettere in difficoltà quegli operatori che in questi ultimi anni hanno tenuto aperto nonostante i magri incassi.

 

 

Giuseppe Bortolussi

Dal 1980 è direttore della Cgia (Associazione Artigiani e Piccole Imprese) di Mestre. Nei primi anni ’90 ha fondato e tuttora ne dirige anche l’Ufficio Studi. Ha scritto, in collaborazione con l’Ufficio Studi della Cgia di Mestre, “L’Italia in cifre. Le Regioni a confronto” (2002), “Tassati e Mazziati” (Sperling & Kupfer 2011) e “Da Tremonti a Monti. Il grande salasso.” (Sperling & Kupfer maggio 2012), “L’Economia dei suicidi” (Marcianum Press giugno 2012), “Evasori d’Italia. La cura per sconfiggere il male del nostro Paese” (Sperling & Kupfer settembre 2012). Assieme ad Andrea Vavolo ha scritto “Meno Imu” (Editori Internazionali Riuniti, settembre 2012).