Cammino di Santiago: in viaggio per ritrovar se stessi

Danilo Di Paolo, vicepresidente di Bcc Sangro Teatina, racconta la sua esperienza: 799 chilometri a piedi in ventisei giorni, tra scoperte, incontri e disegni che cambiano la vita

Danilo Di Paolo Bcc Abruzzi E Molise
10 dicembre 2017
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Si parte per "ritrovare" se stessi ma alla fine si "trova" se stessi. O, detto in altri termini, si decide di fare il Cammino di Santiago per rimettere la vita in ordine e, invece, si torna con un ordine tutto nuovo: cambia la percezione delle cose importanti, si rimescolano le priorità, si ama di più e diversamente ogni cosa. Si è più lieti. E forti per affrontare il vero cammino: quello che inizia un istante dopo aver messo piede a Santiago de Compostela, dopo centinaia di chilometri, dopo tanta fatica, dopo tanta bellezza, dopo mille incontri, dopo mille scoperte.

 

È la densa ed affascinante esperienza che ha vissuto Danilo Di Paolo, il titolare della storica bottega Orafo Ezio di Atessa nonché vicepresidente di Bcc Sangro Teatina, che lo scorso mese di settembre ha realizzato un sogno che coltivava da tempo: mettersi in viaggio come quei milioni di pellegrini che, in più di dieci secoli, hanno raggiunto la tomba di San Giacomo il Maggiore, uno dei dodici apostoli. Un percorso che, in origine, era di migliaia e migliaia di chilometri, attraversando intere nazioni e continenti. Ai giorni nostri, l'itinerario classico si snoda per circa 800 chilometri che partono da Saint Jean-pied-de-port, sul versante francese dei Pirenei, attraversano le splendide regioni Navarra, La Rioja, Castiglia-Leòn per giungere nel capoluogo della Galizia, all'estremo nord ovest della penisola iberica.

 

Si stima che ogni anno siano non meno di 200 mila le persone che giungono qui da tutto il mondo per vivere questa esperienza: c'è chi, come Danilo, decide di percorrere l'intero cammino - per la precisione, ha impiegato ventisei giorni per fare 799 chilometri - e chi, invece, solamente un pezzo finale. In ogni caso, si tratta di un'impresa impegnativa: in media, si cammina con un ritmo di una trentina di chilometri al giorno e la notte si dimora presso uno dei numerosi ostelli di cui è disseminato il percorso, spesso gestiti da enti religiosi, che forniscono un'accoglienza molto spartana mettendo a disposizione il letto, una cucina attrezzata, servizi igienici e lavatrici, ad un prezzo che raramente supera 15 euro a notte.

 

Esperienza impegnativa ma sicuramente unica. Come è iniziato tutto? "Una quindicina di anni fa - racconta - mi regalarono il libro di Paulo Coehlo "Il cammino di Santiago", in cui il famoso scrittore narra il suo percorso sulle orme dei pellegrini. Da allora, ho iniziato a documentarmi, a studiare le mappe, approfondire il significato di questa proposta. In breve, ho cominciato a desiderare di compiere questa impresa". Fino a quando... "Fino a quando nei mesi scorsi ho preso la decisione finale e ho acquistato i biglietti dell'aereo con un po' di sana incoscienza. A convincermi, è stato il desiderio dettato da vicende personali di rimettere ordine nella mia vita". Un desiderio sano e importante: "Sì, è proprio così. Non a caso, sono partito con un'idea ben precisa: camminare rigorosamente da solo per poter riflettere, evitando la confusione e le distrazioni. Inizialmente, ho cercato di rimanere fedele a questa impostazione ma lentamente, quelle che apparivano come semplici coincidenze o casualità, hanno fatto emergere il senso più profondo di questa esperienza: scoprire un disegno più grande su di me".

 

Casualità come un forte dolore, tanto per iniziare: "Già dalle prime tappe ho iniziato ad accusare un fastidio alle caviglie, ben presto tramutatosi in dolore tremendo dovuto alle scarpe che indossavo, e che mi faceva arrivare ogni sera con le lacrime agli occhi". O coincidenze come l'incontro con Marta: "In quei giorni di fatica ho conosciuto questa ragazza di Torino che poi con discrezione, tramite sms, mi ha invitato a camminare insieme ad un gruppo di una quindicina di persone, composto da italiani, americani, giapponesi, argentini... Ho provato a resistere ma alla fine ho deciso di accettare la proposta". Episodi che portano Danilo a una delle tante scoperte che si fanno lungo il cammino: cosa significa la vera amicizia. Spiega: "Se nella vita scegliamo chi frequentare a partire dalle nostre attitudini e preferenze, magari optando per persone con cui ci vogliamo semplicemente divertire, nel percorso verso Santiago ho incontrato persone che hanno condiviso con me tutto, dal sorriso alla sofferenza. Persone con cui parlare di ogni cosa, con una reale "compassione" per me, nel senso che hanno sofferto insieme a me. In breve, persone con cui potevo essere me stesso al punto che ho anche pensato: sia benedetto questo dolore alle caviglie! Così, ho scoperto una dimensione radicalmente diversa del cammino, e mi sono allontanato progressivamente dal rischio di una semplice impresa sportiva: ho cambiato passo e ho rallentato, al punto che anche le persone anziane cominciavano a sorpassarmi. Sono passato dall'io al noi". Un "noi" quanto mai ricco: "Oltre a Marta, ricordo con piacere Gaetano di Napoli, Alejandro di Buenos Aires, due ragazze giapponesi... E ancora, Mike del New Jersey: un ragazzo storpio ma sempre sorridente e lieto, che mi ha insegnato a ringraziare per tutto quello che ho. O, infine, una coppia di anziani francesi in bicicletta: lui pedalava mentre la moglie era seduta su una sedia montata davanti alla bici per via della sua disabilità. Anche loro perennemente contenti".

 

Un'altra scoperta Danilo la racconta descrivendo il suo equipaggiamento: "Uno zaino da montagna, scarponcini da trekking, un paio di sandali ben presto diventati provvidenziali perché li ho sostituiti agli scarponcini che mi causavano dolore, bastoncini per camminare, sacco a pelo, tre magliette, due pantaloncini corti, uno lungo, intimo, un giubbino di goretex, una maglia in pile, un cappello, qualche farmaco essenziale, lo smartphone, una fotocamera GoPro, il Kindle, la mia carta di identità e la "compostela", il foglio su cui mettere le cosiddette "credenziali", i timbri che si appongono ad ogni tappa per ottenere al termine del percorso l'indulgenza plenaria. Ho ragionato a lungo su cosa portare per evitare pesi inutili. Così, se da un lato il cammino ti insegna cosa è davvero necessario per vivere, dall'altro ho fatto una mia personalissima scelta: ho portato tutto ciò che ritenevo indispensabile senza rinunciare forzatamente a qualcosa. È vero, molte cose non le ho usate ma, a ben vedere, questa scelta era un modo per portare con me anche le mie insicurezze e le mie paure. In definitiva, Santiago ti insegna anche e soprattutto a non censurare nulla e ad amare i tuoi limiti, ad accoglierli, a convivere con essi. Direi, a perdonarli". Una scoperta confermata anche da un altro episodio: "Per due volte ho sbagliato strada. Ebbene, sono tornato indietro e ho accettato umilmente l'errore, anche se mi è costato qualche chilometro di tragitto più...".

 

Come si svolgeva la giornata tipo? "Sveglia alle 5, colazione e inizio cammino intorno alle 6, una seconda colazione alle 8, e arrivo a destinazione alle 14 circa. Dopo una doccia, mangiavo un boccone e poi facevo i panni. Il pomeriggio lo utilizzavo per conoscere il paese o la città dove ero giunto, leggere qualcosa, meditare, rilassarmi. La sera cena in compagnia nell'ostello: per due volte ho cucinato io, una volta ho fatto la carbonara, l'altra spaghetti con le vongole! Alle 9, ero già a letto".

 

Tutto questo per ventisei giorni, tra scenari e panorami di inconfondibile bellezza, lungo un percorso costantemente presidiato da segnali gialli che indicano la direzione. Di questi, Danilo ha un ricordo particolare: "Questi cartelli, utilissimi per giungere a destinazione, mi hanno fatto capire che in fondo la vita non è molto diversa: devi essere molto attento per scorgere i segnali posti sul cammino verso la tua felicità".

 

Fino all'agognato arrivo a Santiago di Compostela: "Ho subito raggiunto la cattedrale dopo di che ho fatto la fila per l'ultima credenziale e completare la "compostela". All'ultima tappa ho fatto la scoperta probabilmente più importante: mi sono reso conto che, in fondo, l'obiettivo di questa impresa non è tanto Santiago quanto il cammino stesso, un'esperienza complessiva che mi ha permesso di trovare me stesso. Il vero me stesso, non la persona che invece volevo riordinare. Davanti alla tomba di San Giacomo è iniziato il vero cammino: quello ancora più appassionante della vita".

 

Le immagini dell'avventura: