Agricoltura: la nostro cultura, il nostro futuro

Rappresenta il 18 per cento del pil italiano, e sta riconquistando sempre più giovani. Sergio Marini, ex presidente nazionale di Coldiretti, ci accompagna alla scoperta del comparto attorno al quale è nato il credito cooperativo

Sergio Marini Bcc Abruzzi Molise Coldiretti
10 dicembre 2014
La Mia Banca | 

Le origini del credito cooperativo sono strettamente connesse all'agricoltura. E non a caso: le banche di questo circuito infatti nascono quasi tutte come "casse rurali", nominativo tuttora nell'immaginario collettivo anche se nel tempo si è trasformato in Bcc. Ma dalla fine dell'Ottocento ad oggi, tanta acqua è passata sotto i ponti, e la stessa agricoltura non è più quella di allora. Investita da grandi mutamenti, rimane comunque uno dei settori strategici della nostra economia. Ma quali le sfide? Quali le opportunità? Quali i cambiamenti? Ne parliamo con uno che di agricoltura se ne intende: Sergio Marini, per quasi sette anni presidente nazionale di Coldiretti, realtà di cui è presidente onorario ancora oggi che ha scelto l'impegno in politica fondando il Partito della Gente e dando vita alla Fondazione Italia sostenibile per azioni. Negli anni, Marini ha lavorato strenuamente per difendere e promuovere il cibo e l'agricoltura Made in Italy, contribuendo in maniera decisiva all'evoluzione di questo comparto. Volentieri ci ha concesso questa intervista.

 

Dott. Marini, che cosa rappresenta oggi l'agricoltura per l'Italia, anche in termini economici?

Ai giorni nostri rimane uno dei comparti economici più importanti: si pensi che genera il 18 per cento del Pil del nostro Paese. Una fetta importantissima di reddito, dunque, nasce in campagna. Ma al netto di questi dati, l'agricoltura è molto di più: è territorio, ambiente, prodotto, opportunità, storia, tradizioni. Un mix di elementi che rendono l'Italia un unicum al mondo.

 

L'Italia dunque può definirsi un Paese a vocazione agricola?

Se intendiamo che la maggior parte degli italiani lavorerà in agricoltura, sicuramente no. Se invece ragioniamo in termini di capacità di coniugare qualità del cibo e benessere della persona, sicuramente sì. L'agricoltura italiana si è sempre caratterizzata per l'attenzione alla tutela ambientale, all'appartenenza alla comunità, alla socialità che mette insieme generazioni diverse, diventando un vero e proprio modello di sviluppo capace di generare un prodotto di qualità.

 

A proposito: quando un prodotto è di qualità?

Quando risponde alle aspettative e ai bisogni di un consumatore oggi sempre più attento a questioni cruciali come la sicurezza alimentare, il legame territorio, il basso impatto ambientale. Inoltre, si può parlare di qualità quando un prodotto è capace di ricordare un territorio, specie in un Paese come il nostro che si caratterizza per una grande biodiversità. Ebbene, quando ci sono tutte queste cose materiali e immateriali, allora il prodotto può definirsi di qualità. Il mondo, così, pensa che il cibo italiano sia molto di qualità. In sintesi: risposta a determinate aspettative, e percezione del consumatore contribuiscono alla qualità.

 

Com'è cambiato nel tempo il modo non solo di fare, ma anche di concepire l'agricoltura nel nostro Paese?

In questi ultimi dieci, quindici anni molto. Prima l'Italia si era concentrata sulla produzione di una materia prima indifferenziata, per i grandi mercati dove era in competizione con tutto il mondo. Oggi invece si produce rispetto alla domanda specifica di un prodotto di qualità come definito sopra, realizzato con una filiera sempre più corta, e dove agricoltura e cibo tendono sempre più a coincidere. Si tratta di una scelta strategica che l'agricoltura italiana ha voluto fare. Le tante battaglie combattute, come quella sulla sicurezza alimentare e la tutela della biodiversità, sono scaturite da esigenze nuove. In altri termini, si è notevolmente accorciata la distanza tra il produttore e il consumatore.

 

L'evoluzione della nostra agricoltura è andata di pari passo con la crescita di una cultura alimentare in Italia?

Sicuramente quest'ultima si è molto raffinata, e ha prodotto un avvicinamento tra chi produce e chi consuma.

 

Perché mangiare prodotti italiani? Quale il vantaggio rispetto a prodotti meno costosi perché importati?

In primo luogo perché si dà una mano all'economia italiana, e di questi tempi non è poco. Poi dobbiamo allenarci sempre più a chiederci perché sul mercato ci sono prodotti che costano meno: quanta sicurezza c'è dietro? Quanto sfruttamento? Quanto inquinamento? E poi chiediamoci: come può essere così basso un prezzo, se si considera anche il trasporto dall'estero? Soprattutto nel cibo, il costo basso va tenuto sotto osservazione, perché non può essere sinonimo di garanzia di sicurezza.

 

A quali sfide deve rispondere la nostra agricoltura oggi? Quale strategia per vincerle?

Un tempo, tutte le negatività italiane sembravano concentrarsi nell'agricoltura. Oggi invece è vista come una grande opportunità, e i giovani tornano alla terra con grande passione. Vuol dire che il lavoro svolto negli ultimi anni sta producendo i suoi frutti. Da questa esperienza anche il mio impegno in politica: se un'evoluzione è stata possibile in agricoltura, perché non può esserlo anche per gli altri settori economici?

 

Nel mondo c'è una grande domanda di prodotti italiani: perché si fa così fatica a soddisfarla, lasciando fette di mercato alla contraffazione?

È un problema di organizzazione strutturale: non abbiamo infrastrutture per internazionalizzazione ed è mai possibile che esista una catena di distribuzione di prodotti italiani nel mondo? Siamo l'unico paese a non averla. Per questo, è inevitabile che dove non arriva l'italia, arriva il finto.

 

Agricoltura e credito: quali le sfide e quali le opportunità?

È evidente che da parte delle banche continua a permanere oggi una grande difficoltà di comprensione del mondo agricolo, un mondo fatto di tempi più lunghi, e legato a variabili esterne come i fattori climatici, non solo dunque imprenditoriali. Non sempre il sistema bancario capisce l'agricoltura, ma non tutti gli istituti sono uguali.

 

Il Credito Cooperativo nasce come credito in favore proprio delle popolazioni contadine, visto che in origine erano soprattutto Casse Rurali. Come oggi questo modo di fare credito può essere ancora d'aiuto a questo comparto?

Nonostante viviamo in un mondo globalizzato, noi in Italia continuiamo ad avere mille campanili. Questa è la nostra ricchezza! Queste diversità vanno assolutamente valorizzate. Il sistema del credito cooperativo rappresenta benissimo questo modo di essere, e per questo è impensabile sostituirlo con la territorializzazione di grandi banche. Solo il credito cooperativo conosce il territorio approfonditamente, e dunque affiancare al meglio chi vive la terra come opportunità e vocazione.

 

 

Sergio Marini

Nato il 27 luglio 1964 a Terni, da famiglia di coltivatori diretti, si laurea nel 1989 in Scienze Agrarie a Perugia. Sposato e padre di due figli, è imprenditore agricolo, agronomo e socio di cooperative agricole dal 1990. Attualmente è presidente e fondatore di “Italia Sostenibile per Azioni” e presidente onorario di Coldiretti, associazione di cui è stato presidente nazionale dal febbraio 2007 all’ottobre 2013. In questi anni si è fattivamente impegnato a livello internazionale nella difesa del Made in Italy e nella promozione di un nuovo modello di agroalimentare sostenibile sul piano sociale ambientale ed economico, grazie al quale il settore agricolo ha riacquisito centralità, divenendo il traino per il Paese e prospettiva di futuro per i giovani. Si è battuto per la trasparenza di informazione verso i consumatori, con il rapporto sulle “agromafie”, denunciando in tutte le sedi ogni forma di illegalità e sopruso nella filiera del cibo, ha combattuto ogni forma di “Italian Sounding” e di contraffazione alimentare, ha difeso la biodiversità e la distintività dei territori e delle produzioni autoctone. Ha presieduto grandi eventi dal G8 delle associazioni agricole, i forum dell’agroalimentare di Cernobbio e di Bruxelles, Cibi d’Italia, la giornata del Creato. Nel 2008 ha costituito nell’ambito di Coldiretti la nuova Fondazione “Campagna Amica“ presiedendola sino all’ottobre del 2013, periodo in cui ha promosso attivamente realtà di Campagna Amica come Farmer Market, botteghe, punti vendita degli agricoltori, agriturismi, ristoranti, orti urbani, la filiera agricola Italiana fino ai progetti firmati dagli agricoltori italiani.