Marcello De Cecco: "Le Bcc hanno saputo fare banca responsabile anche al tempo di crisi"

L'intervento dell'economista al convegno per i 110 anni di Bcc Sangro Teatina

Marcello De Cecco Bcc Sangro Teatina
10 settembre 2013
La Mia Banca | 

Per comprendere ciò che sta accadendo ai giorni nostri è indispensabile rendersi conto che viviamo in un sistema fortemente globalizzato, dove i problemi di un'economia non lasciano indifferente il resto del mondo. E questo è ancora più evidente in quest'ultima crisi, nata nella prima economia mondiale: gli Stati Uniti. Già nel 2008 predissi che la crisi dall'America - dove è nata sotto forma di tempesta finanziaria - si sarebbe riversata anche in Italia, andando ad aggredire prima l'economia reale, poi le banche perché l'Italia storicamente non conta molto nei salotti finanziari (e probabilmente questa circostanza non è stata un male). L'Italia è direttamente collegata ai guai dell'economia mondiale. Del resto, è sufficiente fare un giro nella nostra Val di Sangro e verificare se le ciminiere della Sevel e della Honda funzionano: in caso positivo, vuol dire che l'economia mondiale va bene.

 

La crisi dei nostri giorni però è più grave di quella del '29: noi non ce ne siamo accorti in virtù del nostro sistema di welfare che ci vogliono togliere. Non è un caso che, laddove il welfare è meno sviluppato, si è sofferto di più, come negli Stati Uniti. In America, però, esiste una maggiore mobilità interna in base alla quale il riassestamento in termini di occupazione è stato molto più veloce che da noi. A tutto questo, poi, va aggiunto che gli americani sono molto ottimisti, e al primo segnale positivo subito si rimettono in moto, alimentando l'ottimismo con nuovi occupati. A differenza che da noi, la disoccupazione in America viene considerata un intervallo: il dipendente viene cacciato subito, ma altrettanto subito ritrova lavoro. Accanto a questi segnali positivi, va comunque detto che l'economia "di carta", cioè quella finanziaria, è ripartita alla grande: i prodotti derivati ci sono come prima.

 

Venendo all'Europa, se in qualche modo abbiamo arginato i danni peggiori, lo dobbiamo al presidente della Banca Centrale Europa, Mario Draghi, capace da solo di salvare il Vecchio Continente con operazioni che hanno messo al riparo l'economia da aggressioni finanziarie. Da solo perché i vari Paesi sono stati più lenti a reagire, presi da situazioni interne difficoltose. Si pensi, solo per fare un esempio, alla nostra regione: l'Abruzzo da anni si dimena tra una situazione di vantaggi legati all'essere uscita tra il novero delle regioni in via di sviluppo, agli inevitabili svantaggi che questa situazione genera, non riuscendo a individuare una propria strada.

 

In tale contesto, come si sono comportate le banche? Proprio il modello delle Bcc è stato quello più capace di affermarci nonostante una politica economica nazionale ostile, perché si tratta di banche capaci di intrattenere ancora rapporti diretti di relazione con clienti.. Infatti, mentre le banche nazionali si perdevano in moduli da riempire e da inviare alle sedi centrali per essere vagliati e approvati, le Banche di Credito Cooperativo concedevano credito. Ecco il grande vantaggio e la grande intuizione di questi istituto di credito: aver riempito uno spazio che altri hanno abbandonato, facendo davvero banca in un contesto in cui i grandi gruppi erano presi dal "suggerire" le regole per salvarsi. Da un punto di vista politico, il governo Letta è più "del dire" che "del fare" ma questo perché continuano ad esserci giudici non italiani che ci giudicano, decidendo il nostro destino. In un contesto globalizzato, dunque, abbiamo perso la sovranità nazionale:. Chi, da fuori, prende le decisioni, ci impone di far chiudere ospedali e ridurre il welfare invece che farci tagliare tutte quelle spese che andrebbero fortemente ridimensionate perché socialmente  improduttive.

 

In definitiva: è indispensabile tornare ad un sistema di responsabilità, in cui ogni attore possa rendere conto di quello che fa per il bene di tutti, e non di oligarchie che, da fuori, pretendono di definire la strada da seguire.