Etica, banca e impresa nel "villaggio globale"

Un formatore speciale per la grande famiglia di Bcc Sangro Teatina: monsignor Bruno Forte, arcivescovo di Chieti-Vasto. Ecco ampi stralci del suo intervento. Il saluto di Di Giacomo

Bruno Forte Bcc Sanfro Teatina
10 aprile 2014
La Mia Banca | 

Etica, finanza, impresa, globalizzazione: sono stati numerosi i temi toccati da monsignor Bruno Forte, arcivescovo di Chieti-Vasto, teologo ed editorialista de Il Sole 24 Ore, intervenuto ad Atessa lo scorso 21 gennaio, nell'incontro di formazione per il personale di Bcc Sangro Teatina. A fare gli onori di casa, Pier Giorgio Di Giacomo e Fabrizio Di Marco, presidente e direttore generale Bcc Sangro Teatina, presenti insieme a don Loreto Grossi, parroco di San Leucio. "La globalizzazione finanziaria - ha esordito l'arcivescovo - è stata un fattore determinante della crisi economica mondiale di questi ultimi anni" perché si è dimostrata "incapace di promuovere una più equa ripartizione della ricchezza, servendo anzi a imporre la supremazia del mercato virtuale della finanza su quello della produzione e dell’economia reale". Di qui, monsignor Forte ha richiamato l’urgenza di ritornare all’etica: "La globalizzazione, in primo luogo quella finanziaria, ha urgente bisogno di correttivi etici" perché "il futuro dell’umanità risulta insomma inseparabile da quelle ragioni dell’etica e del valore della persona, che apparivano del tutto estranee alle analisi e ai progetti di un’economia liberistica e di una finanza senza freni". Citando il banchiere Giovanni Bazoli, monsignor Forte indica la strada per un ritorno all'etica: “Proprio al fine di un corretto funzionamento del mercato è indispensabile che il rispetto del principio democratico di uguaglianza sia previsto e assicurato all’interno degli stessi meccanismi economici. E pertanto, se tale rispetto non può essere affidato alla spontaneità delle forze coinvolte, esso deve essere imposto dalle norme giuridiche come vincolo - vorrei dire: come metodo - da rispettare nello svolgimento dell’attività economica”. Ciò che la globalizzazione ha insomma reso evidente, per il teologo, è che "tanto il mercato, quanto la finanza non vanno assolutizzati". Specie per la seconda, "quando essa sia doverosamente riportata al suo legame fondante con l’economia reale, occorre tener conto delle ragioni della solidarietà all’interno del processo economico. Occorrono virtù: la moderazione nel perseguimento di arricchimenti personali, il rifiuto di ogni forma di speculazione; la tutela dell’occupazione e quella dei risparmiatori. Il principio di solidarietà andrebbe inteso, nei confronti dei beni di interesse generale, come vero obbligo giuridico di rispetto e non più soltanto come orientamento morale di attenzione".

Parlando del rapporto tra etica, finanza e impresa, monsignor Forte ha spiegato che "La Verità etica non è barattabile in nome dell’utile o del più gradevole: essa obbliga tutti, anche i grandi potentati della finanza, e il rispetto dovutole è condizione di qualità della vita per tutti". Richiamandosi alla dottrina sociale della Chiesa, l'arcivescovo ha spiegato come "il richiamo alla forza liberante della Verità in campo etico-economico sia servizio al bene di tutti, a quella convivenza costruita sul Codice etico fondamentale, senza cui la menzogna e  la barbarie trionfano su tutto e su tutti". Di qui la necessità di un paradigma per lo sviluppo economico e l’agire della finanza e dell’impresa, Forte ha detto che "dovrà essere in grado di riconoscere il contributo della cosiddetta “economia civile”", vale a dire "un’economia che incorpora il valore aggiunto prodotto dalla famiglia, dalla comunità, dal non-profit, dal volontariato, dalle forme di LETS (Local Exchange Trade System), dal micro-credito e dalla finanza etica, dal commercio equo e solidale, da esperienze economiche di condivisione, e di self-help, nonché l’uso critico e responsabile delle risorse naturali". In un tale quadro "anche le Banche sono chiamate a dare il loro contributo, abbandonando ogni logica di puro profitto o di ricerca assoluta delle garanzie e dei vantaggi negli interventi di promozione economica, per accettare il giusto rischio imposto dalle urgenze di un’imprenditorialità da sostenere e promuovere per uscire dal tunnel della crisi. Una tale azione dovrebbe riferirsi all’intera società civile, contribuendo a costruire capitale sociale, per promuovere uno sviluppo incentrato sulle comunità, che stimoli iniziative imprenditoriali locali (in particolare caratterizzate dall’attenzione ai senza lavoro, ai giovani e alle donne). In questo quadro, andrà valorizzato il principio di sussidiarietà, teso alla promozione di comunità sostenibili, finalizzato a riconoscere il contributo critico della partnership, della partecipazione, della collaborazione nell’elaborazione dei progetti, del decentramento basato sull’attenzione alle potenzialità del territorio, e delle forme di riconversione produttiva legate al potenziamento della tipicità del prodotto e della qualità del lavoro. Questi strumenti devono essere largamente applicati dall’azione politica ai vari livelli e coinvolgere la partecipazione attiva delle associazioni religiose, sociali, economiche, culturali e professionali, delle istituzioni accademiche e di ricerca, delle agenzie bancarie e delle organizzazioni di base. Solo attraverso una simile convergenza potranno essere superati la stagnazione in atto e i fattori di crisi che l’hanno prodotta, e saranno possibili la ripresa o l’avvio di attività imprenditoriali, in grado di inserirsi positivamente nei processi della globalizzazione e di limitarne i possibili rischi. Un’impresa che guardasse solo al proprio “particulare”, estraniandosi dall’attenzione alle esigenze indicate, rischierebbe non solo la bancarotta etica, ma anche quella economica e sociale. Una finanza che s’illudesse di restare sganciata dall’economia reale e di inseguire il massimo profitto al minimo costo, non farebbe che implodere, producendo maggiore rovina di quanto non sia stata già prodotta dalla globalizzazione economico-finanziaria. L’attenzione al rapporto fra etica ed economia vuol dire anche questo: l’impresa degli uni dovrà fare i conti con il bene di tutti, pena la sua stessa produttività e perfino la sua sopravvivenza, si trattasse pure di una banca o di un’agenzia finanziaria. È tempo che ciò che ha caratterizzato nella sua genesi storica e nel suo sviluppo la formula del credito cooperativo - ha concluso - venga riproposto come criterio economico universale, inseparabile dalla tensione etica e dall’attenzione alle categorie più deboli e bisognose di sostegno. Non si crescerà se non insieme!".

 

Il saluto del presidente Di Giacomo

 

“Sua Eccellenza, monsignor Forte, è molto vicino alla nostra banca e noi lo ringraziamo per la considerazione che dimostra nei confronti del nostro istituto nelle varie occasioni: fu sua la relazione centrale tenuta al convegno promosso dalla nostra banca e dedicato alla memoria del suo fondatore, don Epimenio Giannico, e lo ringraziamo ancora per il suo video-saluto, con il messaggio di incoraggiamento a proseguire la nostra attività mantenendo lo spirito delle origini, in occasione dell’autorevole convegno organizzato dalla nostra banca, per celebrare l’anniversario dei 110 anni dalla fondazione, avente per tema "Il Credito cooperativo : un modello vincente per lo sviluppo delle economie locali". Il tema di questa prima giornata di formazione è assai attuale e precisamente: come coniugare i valori dell’etica con le regole del mercato e della grande finanza, ovvero interrogarsi su come bilanciare valori morali e interesse economico. Se si considera che alla base della grave crisi finanziaria ed economica che ha investito il globo in questo inizio di nuovo millennio vi è sicuramente anche una profonda mancanza di valori, si comprende la impellente necessità di pervenire alla determinazione del ruolo dell’etica nelle realtà imprenditoriali.

Conseguentemente, è emersa la necessità che le logiche di profitto fini a se stesse non costituiscano l’obiettivo prioritario delle dinamiche di mercato, bensì siano correlate con la ricerca del bene comune, recuperando soprattutto la centralità dell’uomo. I tempi attuali si caratterizzano per il grande progresso, per le conquiste tecnologiche, ma dall’altra si evidenziano elementi di tensione fra gli individui, si acuisce una progressiva disuguaglianza, una costante ingiustizia sociale che accentua le differenze. Le risposte per affrontare questo momento di crisi economica sono: i grandi valori della vita, come la mutualità e la solidarietà, tutti principi fondamentali del credito cooperativo, cui si riconosce da sempre di aver perseguito il "bene comune". L’attività di ogni Bcc non mira al profitto fine a se stesso ma tende a favorire lo sviluppo delle realtà locali e delle comunità in cui operano. È la mission delle banche di credito cooperativo. Una mission che viene declinata nel codice etico ed esplicitata nel bilancio sociale, di cui molte Bcc, tra cui la nostra, si sono dotate".